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Edicola votiva a Napoli (foto di Paolo Guiotto, 1979) ICPI Edicola votiva a Napoli (foto di Paolo Guiotto, 1979) ICPI

Visioni dai territori: Progetto di ricerca – Le edicole votive dei Quartieri Spagnoli (a cura della SABAP di Napoli)

Premessa

Quella delle edicole votive è una presenza diffusa e capillare nel tessuto urbano delle città mediterranee. A Napoli come altrove, esse costituisconoelemento di arredo urbano e oggetto di culto già dalla seconda metà del XVI secolo. Segno dello spazio culturalmente abitato, nel capoluogo campano esse acquisiscono alcuni elementi peculiari, come l’occasionale presenza di un piccolo vano posto sotto l’effige sacra e destinato ad ospitare statuine fittili delle anime del Purgatorio, l’apposizione costante di fotografie di cari venuti a mancare, ex voto e offerte, o, in altri casi, rimaneggiamenti a scopo protettivo spesso effettuati in modo spontaneo ed autofinanziato dai residenti, come la costruzione di strutture in alluminio, vetrate, coperture in plastica ondulata e cancellate in ferro. Elementi e caratterizzazioni, questi, che pongono interessanti spunti di riflessione dal punto di vista sia storico-artistico che etnoantropologico.

Si indagherà la complessità di un fenomeno devozionale, non esclusivamente a carattere religioso, che coinvolge gli spazi della città trasformando una dimensione privata in rappresentazione collettiva, analizzandolo anche nelle sue torsioni contemporanee come, ad esempio, la realizzazione di edicole dedicate a personaggi che esulano dalla sfera del sacro propriamente inteso o quella installata nell’agosto 2019 ad opera di associazioni attive con progetti di valorizzazione territoriale.

Intento del progetto è quello di avviare un’azione di tutela e valorizzazione delle edicole votive presenti nel territorio dei Quartieri Spagnoli, contesto selezionato sulla base delle molteplici ragioni di seguito evidenziate:

- I quartieri spagnoli per loro conformazione urbanistica risultano facilmente individuabili e perimetrabili, essendo sorti per volere di don Pedro di Toledo con uno schema regolare, di tipo “ippodameo” rigidamente disposto e man mano ampliato seguendo l’orografia del territorio; ciò consente la definizione di un’area campione per uno studio tipo;

- Tutt’oggi all’interno dei quartieri, la composizione sociale presente e la strettissima relazione che gli abitanti hanno con la strada, sono dati estremamente sensibili; il sistema di comunità è ancora molto radicato e con esso la vitalità delle tradizioni e delle pratiche cultuali;

- La presenza di associazioni sociali di rilievo nei quartieri consentirà di entrare in contatto con i residenti e il territorio in maniera più profonda, facilitando l’interazione necessaria alla ricerca e l’iniziale individuazione di persone disponibili alla condivisione di esperienze significative per il progetto;

La scelta di concentrare l’attenzione su un singolo spazio urbano vuole essere un banco di prova al fine di poter estendere, successivamente, la tutela all’intero centro storico della città di Napoli. L’eventuale apposizione di vincolo sarà subordinata al riconoscimento di un interesse culturale storico-artistico e/o demoetnoantropologico verificato attraverso un’indagine conoscitiva volta all’individuazione, documentazione e studio di tutte le edicole votive presenti e degli orizzonti di senso a cui esse si connettono. L’attribuzione di uno specifico valore simbolico, collettivamente riconosciuto, costruito attraverso la condensazione di valori ed elementi che consentono di negoziare e rifondare costantemente i criteri a cui ancorare la definizione della propria identità, sostiene l’attivazione del processo che permette la metamorfosi da “cosa” a patrimonio culturale, sia del simulacro che degli elementi immateriali che attorno ad esso si concentrano. Pertanto, obiettivo non secondario della ricerca sarà quello di tentare di strutturare processi di tutela partecipata delle edicole da parte di gruppi o singoli che le riconoscano come nodi significanti nella loro esperienza.

Le edicole votive napoletane – breve excursus

La frequenza, la dislocazione, l’iconografia e la collocazione occasionale di ex-voto identificano le edicole votive come elementi di immediata, rilevante evidenza nel processo di tessitura che intreccia la trama urbanistica all’ordito delle vite che la abitano. La densità della loro presenza testimonia come questa possa essere messa in relazione con forme e comportamenti devozionali ampiamente diffusi e tutt’ora vitali, come testimonierebbero le moderne coperture in alluminio a protezione delle immagini e la presenza costantemente rinnovata di offerte devozionali. Considerate spesso una forma d’arte minore, “povera”, in virtù della loro qualità formale o della realizzazione ad opera di anonimi artisti locali, i simulacri urbani presentano invece una grande vivacità sotto il profilo della varietà morfologica, sia architettonica che iconografica, in chiara relazione alle epoche di realizzazione, alla specifica dedizione del devoto (singolo o gruppo) e alle sue possibilità economiche.

L’edicola votiva napoletana allaccia le sue radici nei più antichi tabernacoli romani e in particolare nella devozione ai propri cari, i lares protettori della casa, divinità familiari ai quali implorare protezione e prosperità.

Ogni domus aveva predisposto il suo altarino, o meglio la sua nicchia in muratura o larario all’interno della quale il nume tutelare della casa veniva rappresentato in una statuetta di un giovane in fresche tuniche. I lares familiares avevano il compito di proteggere la famiglia ed essere buoni auguri di prosperità. Dinanzi a loro venivano offerti cibi e bevande. Offerte oggi più comunemente declinate in fiori, piante e luce.

Questa tipica devozione intimista, tutta chiusa all’interno delle domus, si traslittera nella città di Napoli in una esteriorizzazione del culto, laddove le divinità private si mescolano al culto collettivo. Non è un caso che nella sua etimologia la parola edicola voglia richiamare il tema della aedes, casa, o anche del tempio, una dualità che porta sullo stesso piano il collettivo e il privato, la fede pubblica e il culto personale. Questo parallelismo si traduce oggigiorno in una sovrapposizione materica dove, all’edicola votiva rappresentante il santo o la Madonna o il Cristo, si accavallano immagini dei propri cari defunti, a protezione, intermediari tra il mondo altro e noi.

Nella letteratura sul tema la committenza delle edicole viene messa in relazione con tre funzioni prevalenti ed ampiamente documentate dagli studi. Esse potevano essere edificate come frutto di un voto (simulacri dove è possibile rinvenire l’anno di costruzione, il nome del devoto e cenni utili a ricostruire la vicenda); necessità di assicurarsi protezione (sulla propria casa o in luoghi percepiti come forieri di rischio); e infine raro, ma pur presente, è quello che Natella (1969) definisce come motivo gnomico, ovvero la divulgazione di messaggi attraverso l’uso pedagogico delle immagini. In questi casi, al posto dell’icona del Santo si trovano rappresentate scene che utilizzano tòpoi e figure ricorrenti - e per questo da tutti riconoscibili - che trascendono la sola funzione decorativa, permettendo di veicolare i complessi messaggi della teologia cristiana attraverso un linguaggio immediato ed universalmente comprensibile.

Un forte impulso alla diffusione delle edicole votive nella città di Napoli viene individuato nella prima metà del XVIII sec., quando Padre Gregorio Maria Rocco, carismatico dominicano molto vicino a Carlo III di Borbone, ebbe l’intuizione di utilizzarle anche come fonte di illuminazione stradale.

All’epoca le strade di Napoli pullulavano di malviventi che approfittando dell’oscurità dei vicoli tendevano una lenza per far cadere il povero malcapitato, tant’è che ancora è in uso a nella città il detto “e che te cride ca’ vaco a mettere ‘a fune ‘a notte” (cosa pensi? Che vado a tendere una corda nell’oscurità per rubare? In poche parole: Cosa credi che sia un ladro?).

Lampade e ceri accesi davanti ai tabernacoli, infatti, a differenza dei lampioni costantemente vandalizzati da ladri e malviventi, erano preservati dalla distruzione in virtù del loro valore simbolico e del timore devozionale. Padre Rocco ne affidò la gestione direttamente agli abitanti, nella convinzione che la religiosità popolare ne avrebbe garantito cura e funzionalità nel tempo, meglio di un obbligo discendente da un regolamento civico. Alla protezione materiale offerta dalla luce, va aggiunta quella di ordine simbolico attribuita dalle culture tradizionali ai punti critici dello spazio abitato - come ad esempio gli incroci - che a causa della pluridirezionalità proposta, suggerirebbero la possibilità di smarrimento della presenza senza una guida di riferimento. Tanto forte e sentito era il riferimento a scopo protettivo che è proprio a questo periodo che viene ricondotta la genesi del detto augurale “‘a Maronna t’accumpagna” (che la Madonna ti accompagni, ti sorvegli, ti protegga). Così nella scena urbana napoletana le edicole votive hanno assunto un ruolo primario, moltiplicandosi a vista d’occhio e diventando presidio di sicurezza e icona di fede.

Sulla topografia della città e dei quartieri, le edicole disegnano mappe parallele, itinerari di senso scanditi da tappe che spesso sono inserite all’interno di percorsi processionali e che sul luogo rimangono come amplificatori e dilatatori temporali del messaggio divino. Meta di rogazioni, punti di riferimento culturale della toponomastica locale, consentono di individuare viabilità storiche scomparse, rivelandosi elementi fondamentali per comprendere appieno lo sviluppo urbanistico e sociale del territorio.

Il culto dell’edicola, si coniuga con quello per i morti, ossia le anime purganti cosicché ogni casa, ogni vascio, ogni aggregato umano e solidale, ha eretto il proprio tempio, la propria icona, strettamente connessa ai culti più sentiti nelle strade di Napoli: Sant’Anna, San Gennaro, San Lazzaro, Sant’Antonio e tutta la declinazione delle immagini dedicate a Maria e alla sua maternità.

Nelle vicissitudini quotidiane, ciò che è sedimento di questo culto è la relazione tra l’immagine e l’ex voto, la grazia ricevuta. Il cibo e le bevande si sono trasformate in luce e piante, e spesso l’offerta di ringraziamento si è tradotta in riedificazione degli stessi tabernacoli o nella fondazione di nuovi.

Non di rado alcuni di questi vennero eretti a seguito di eventi catastrofici o scampati pericoli. Si ricordano in questo senso i bellissimi affreschi sulle porte di Napoli, di cui ormai sopravvive solo quello presso Porta San Gennaro, di Mattia Preti realizzati tra il 1657 e 1659 quali ex voto per la fine della peste. O ancora le due edicole presenti presso il Ponte della Maddalena, l’una dedicata a San Gennaro nell’atto di stendere il braccio per fermare la lava dell’eruzione del Vesuvio del 1767, e l’altra dedicata a San Giovanni Nepomuceno, protettore dalle alluvioni e dagli annegamenti.

Stilisticamente le edicole subiscono un’ampia evoluzione, in quanto partendo da caratteri propri della fine del settecento evolvono con stilemi più classici nell’ottocento e ancora sovrappongono elementi contemporanei di rimaneggiamenti e finiture.

Molto spesso si tratta di nicchie ricavate nelle murature o di vere e proprie edicole dall’aspetto molto complesso e monumentale, templi con colonne e timpani poliformati nel cui centro campeggia l’effige del santo o della santa.

Molto spesso al di sotto del tempietto viene apposta una lapide marmorea sulla quale vi è la dedica del popolo con la notazione dell’anno di fondazione, ancora più in basso, l’edicola si allunga con la creazione, di epoca contemporanea, di una base ove deporre ex voto, piante e immagini.

Oltre al tipico tabernacolo, meno frequenti, ma molto interessanti, sono la presenza di croci votive, nei quartieri se ne ricorda una notevole in vico Croce a Cariati eretta in occasione dell’epidemia di colera del 1836 che campeggia simbolicamente sul ciglio delle scalinate omonime creando uno scenario suggestivo, rappresenta uno dei pochi esempi di croci dipinte presenti in centro storico.

Ovunque presenti, si può a ragione, evidenziare come la loro presenza e il loro culto siano anche oggigiorno sentiti e vitali.

Obiettivi

Obiettivo del progetto è quello di avviare una programmata azione di tutela e valorizzazione delle edicole votive attraverso lo studio delle testimonianze ad oggi presenti nel territorio indicato. La proposta di vincolo dipenderà dalla verifica della presenza di un interesse storico-artistico, demoetnoantropologico o di entrambi, come si intende verificare. Poiché la maggioranza di queste risulta realizzata in seguito alle ondate di colera del 1884 – 1886, mentre altre sono state ricostituite tra il 1943-47 per grazia ricevuta in chiara relazione alle vicende della seconda guerra mondiale, si cercherà di indagare la possibile persistenza della loro funzione attraverso nuove attribuzioni di senso rispondenti alle necessità dettate dalla contemporaneità, come l’analisi di un possibile esistente riferimento alle edicole votive nella loro funzione protettiva contro la diffusione di epidemie, verificando anche se sia attualmente presente una effervescenza di tale riferimento in relazione alla diffusione del Covid-19.

Metodologia

La ricerca farà riferimento alla definizione della perimetrazione campione dei Quartieri Spagnoli, largamente intesi estendendo la ricerca anche all’area della cosiddetta Pignasecca, sino al corso Vittorio Emanuele, mentre ad est considerando il limite di via San Mattia.

Attraverso lo studio della dislocazione delle edicole sul territorio, dell’analisi iconografica, delle tecniche costruttive, dello spoglio di fonti storiche e documentali e per mezzo della conduzione di un’indagine etnografica, si tenterà di ricostruire il valore della loro funzione nella vita dei Quartieri Spagnoli e dei gruppi/individui che ad esse fanno riferimento, in prospettiva sia diacronica che sincronica, tentando di individuare la loro attuale, ove presente, qualità di “espressione di identità culturale collettiva” attraverso la documentazione delle eventuali pratiche devozionali ancora in atto. Si condurrà una catalogazione delle differenti tipologie di simulacri presenti sul territorio, lo studio delle motivazioni di apposizione, nonché un’analisi delle tipologie iconografiche in relazione alla toponomastica o alla presenza di cappelle e chiese sul territorio.

Tra gli elementi ritenuti importanti per il rilevamento, attenzione sarà data alle caratteristiche immateriali – espressive, rituali - legate al culto ed alla cura di tali simulacri; le eventuali forme di mutamento e reinvenzione delle pratiche ad essi connessi, elementi che ne permettono un riadattamento dinamico pur rimanendo stabili le necessità a cui rimandano.

Team di ricerca

Progetto della SABAP del Comune di Napoli – arch. Claudia Cusano (Funzionario Architetto) e dott.ssa Valentina Santonico (Funzionario demoetnoantropologo).

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