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Zappatura di un terreno agricolo. Sec.XX Zappatura di un terreno agricolo. Sec.XX

Coltivazione dei cereali

L'aratura è rappresentata da alcuni esemplari di aratro in legno, strumento antichissimo, ormai quasi ovunque in disuso, risalente ai primi tempi della rivoluzione neolitica. Strumento indispensabile al lavoro contadino, in relazione al tipo di terreno che doveva essere rimosso, ad esso venivano aggiogati due buoi, ma anche cavalli, muli e asini. La fase della raccolta viene illustrata da una serie di strumenti: vari tipi di falce usate per tagliare grano ed erba, la falce fienaia con lama arcuata molto lunga munita di una o due impugnature, la falce a manico lungo per tagliare l'erba lungo pendii scoscesi e ripidi dei canali e dei fossati, strumenti di protezione del mietitore quali i corti pezzi di canna da infilare nelle dita della mano sinistra e il bracciale di cuoio per il polso. Sono inoltre esposti contenitori in cui si teneva la cote, pietra dura che serviva per affilare la lama, e alcune piccole incudini usate insieme al martello per la ribattitura delle lame sul campo.

Segue l'esposizione di attrezzi utilizzati per i lavori eseguiti sull'aia: la sgranatura del granturco, la trebbiatura e la pulitura del grano. Una volta mietuto, il grano in cumuli veniva lasciato asciugare alcuni giorni, veniva poi legato in covoni e trasportato nell'aia, si stendevano i covoni sciolti e si procedeva all'operazione di trebbiatura delle spighe, allo scopo di dividere la paglia dai chicchi di grano.

La prima fase, quella della battitura, poteva essere effettuata a mano con il correggiato, formato da due bastoni legati all'estremità superiore, che si batteva sul grano con uno slancio circolare o utilizzando degli animali (buoi, asini, muli) che girando sui covoni, calpestavano le spighe con gli zoccoli. In altri casi gli animali trainavano una grande pietra piatta, spesso scanalata, o una tavola appesantita con pietre e persone o munita di denti di ferro, che veniva trascinata sul grano. Durante la trebbiatura, le spighe di grano steso venivano rivoltate parecchie volte e la paglia mano a mano eliminata con le forche di legno o riammucchiata al centro dell'aia con i rastrelli.

La fase successiva era costituita dall'operazione di spulatura, che serviva a eliminare i chicchi di grano dalle particelle di paglia rimaste, tra cui la pula (l'involucro del chicco). La spulatura si effettuava per ventilazione o per crivellatura, nel primo caso il mucchio di grano da pulire veniva lanciato in aria con pale o forche: nella caduta la paglia, più leggera, volava via, mentre il chicco cadeva in terra. Per piccole quantità di grano si usavano ventilabri di legno o di vimini, crivelli e setacci muniti di maglie più o meno larghe.

Era poi il momento della circolazione del prodotto che si svolgeva con l'aiuto di recipienti per misurare il grano, alcuni dei quali, di vaia fattura e provenienza, sono esposti in vetrina. Il grano veniva di solito in parte diviso (spartito) tra il proprietario della terra e il contadino, attraverso diversi tipi di contratti, di mezzadria o di colonia, rapporti parziari che nei vari momenti storici e nei diversi luoghi hanno assunto caratteristiche particolari; il prodotto era poi venduto o scambiato in natura, una parte immagazzinato per scopi alimentari, una parte infine conservato per la semina successiva. Il grano o la farina venivano quindi conservati in grandi recipienti come il grande silo, tipico dell'Italia centrale (per il grano o altri cereali ancora da macinare) in cesti, madie o altri recipienti.

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