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Paranze all’ormeggio, cartolina. Livorno, inizi XX Paranze all’ormeggio, cartolina. Livorno, inizi XX

Barche e vele

L'uomo da sempre ha dimostrato la volontà di dominare e solcare il mare inventando e costruendo, nel corso della storia, una ricca varietà di imbarcazioni sempre più sofisticate: dai primi rudimentali galleggianti (ad es. di pelle ovina o bovina), alle zattere di giunchi e tronchi (di papiro egiziane), ai natanti monoxili (fenici, egei), fino alle imbarcazioni costituite da un fondo con strutture trasversali (ordinate) e l'aggiunta di sponde (fiancate). Per quanto possa apparire poco credibile, la storia della navigazione ha avuto un avvio più precoce di quella del trasporto con veicoli terrestri e ha interessato un numero assai più ampio di popoli in ogni parte del mondo. Per solcare i mari, infatti, l'uomo ha dovuto escogitare molto presto mezzi di trasporto, che gli consentissero di spostarsi su questo elemento; al contrario, sulla terraferma, senza dubbio a lui più familiare, potendo contare sull'ausilio delle proprie forze fisiche per gli spostamenti, ha ideato solo più tardi i mezzi più adeguati per il trasporto.

Per tornare all'ambito delle marinerie tradizionali italiane, caratterizzate dalla produzione di imbarcazioni integralmente in legno a propulsione a vela, è opportuno dire che esse costituiscono espressione di una fabrilità artigiana ancora non del tutto scomparsa, nonostante le mutate condizioni sociali, economiche e culturali. Questa arte si manifesta mediante l'opera di sapienti artigiani, che di padre in figlio, di maestro in allievo, con un lungo apprendistato in cantiere si tramandano per le vie dell'oralità i saperi e i segreti del mestiere.

Una classificazione generale distingue le imbarcazioni sia quelle da trasporto, sia quelle da pesca in base alla differenza morfologica degli scafi: a fondo piatto e con chiglia. Nella sala se ne possono osservare alcune riprodotte in scala: la zattera fluviale, il bragozzo chioggiotto, la barca lacustre sarda, il trabaccolo romagnolo, la lancetta, la barca da pesca siciliana. Per tutte e due le tipologie i criteri costruttivi sono quelli indicati dal maestro d'ascia, che realizza l'intera opera usando uno strumento fondamentale: la sagoma dell'ordinata principale o maestra, senza consultare alcun piano di costruzione, ma semplicemente applicando una tecnica consolidata dalla sua esperienza. Il sesto e il garbo sono accezioni locali per indicare la sagoma di tale ordinata. Ulteriori classificazioni tipologiche distinguono le barche: per portata, per tipo di carico e in base alla composizione dell'equipaggio o alla attività peschereccia.

La vela, dopo i remi, ha rappresentato la principale forza di propulsione sino a quando ha dovuto cedere il passo alla forza meccanica del motore. Nell'area mediterranea, e quindi anche tra le marinerie italiane, la vela latina è quella che ha conosciuto la massima diffusione. Contrariamente a quanto potrebbe suggerire il suo nome, essa è stata introdotta dalle imbarcazioni arabe durante il periodo di predominio dell'Islam sul Mediterraneo. La sua forma triangolare la distingue dalla vela quadra delle cocche e delle caracche e la assimila alla vela al terzo o «vela da trabaccolo» con la quale condivide la definizione di vela di taglio; caratteristica di queste vele è quella di "stringere" il vento e di bordeggiare secondo linee diagonali, consentendo anche la navigazione contro vento. Un raro esemplare di vela al terzo della costa centrale dell'Adriatico occupa quasi una intera parete della sala.

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