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Carretto da vino siciliano Carretto da vino siciliano

Carro siciliano

Il trasporto delle merci, sia dei prodotti stagionali della campagna: grano, agrumi, mandorle ecc. al concime e al carbone, che prodotti artigianali ai materiali da costruzione, era effettuato in Sicilia in modo sistematico ancora negli anni Sessanta su carri, che si distinguono in base alla località di appartenenza.. Questo tipo di carro, pur rientrando nella tipologia comune dei veicoli dei carrettieri, a due ruote con sponde e timone a due stanghe, trainati da equini, dovendo trasportare materiale minuto come sabbia, ghiaia, sale e altro, disponeva, di uno sportello anteriore e di uno posteriore, entrambi mobili.

Le origini del carretto siciliano sono ignote, forse comparso parallelamente alle evoluzioni della lettiga nel secolo scorso, veniva usato inizialmente dai contadini. Il veicolo sarebbe stato adottato in ambito urbano e nel settore dei trasporti a seguito del potenziamento del traffico mercantile e al miglioramento, nell'Ottocento, della rete stradale dell'isola, allorché le mulattiere si trasformarono in strade rotabili.

La sua decorazione, a imitazione di quella delle carrozze e lettighe dei nobili del '700, è attestata fin dal 1833, ha funzione magico-propiziatoria, pubblicitaria, ma soprattutto distintiva dello stato sociale. La costruzione dei carri in Sicilia è attuata secondo scuole, riconducibili, per gli esemplari esposti, a quella palermitana e a quella catanese, individuabili, oltre che per le iscrizioni, per vali elementi quali ad esempio la forma delle sponde (trapezoidale nel palermitano e nel trapanese, rettangolare nel catanese) e i colori usati nella decorazione (il catanese usa prevalentemente il rosso e il celeste).

La decorazione ricopre tutte le parti del veicolo, l'intero carretto è dipinto con scene ispirate alla Gerusalemme Liberata o ad episodi del dominio normanno in Sicilia o al ciclo cavalleresco di Carlo Magno. Le composizioni recano didascalie e i nomi del costruttore del carro e del decoratore. La complessa ornamentazione prosegue nella bardatura del cavallo costituita da sellino, pettorale, testiera e sottopancia con nappe, sonagli, specchietti, pennacchi, nastri, frange e galloni ricamati.

Seduti sul davanzale del carro, la trave trasversale anteriore, i carrettieri - abito di velluto, berretto di pelliccia alla slava, camicia bianca e fascia rossa in vita - compivano lunghi percorsi che duravano da uno a sei giorni, per vincere il sonno e alleviare la fatica, cantavano al suono prodotto dalle boccole di bronzo "da campana" delle ruote, fuse in una lega speciale di rame e bronzo. La sosta nei fondaci offriva loro un'occasione di vita associata: si esibivano in gare di canto, si scambiavano informazioni su prezzi ed esperienze di vita. Con il loro mestiere, tramandato di padre in figlio, i carrettieri costituivano una categoria specifica all'interno del mondo agricolo.

In questo documentario del 1984 si parla nel dettaglio del carretto siciliano, della sua storia, delle simbologie di colori e disegni, della sua struttura. Si può vedere un mastro tagliatore di Palermo, Giovanni Raia, all'opera con la sua ascia, lo scultore Salvatore Coffaro di Bagheria mentre scolpisce le parti decorative del carretto, il fabbro Carmelo Saccaro che prepara i ganci e le parti in ferro, e del pittore Francesco Paolo Cardinale durante la pittura artistica del carretto.
 
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