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Maggio

Maggio

  • I Santi:

    26 maggio - San Filippo Neri
    Il nome di san Filippo Neri è strettamente legato alla Congregazione dell'Oratorio, la cui sede è presso la chiesa romana di Santa Maria in Vallicella: la bolla del 1575 di papa Gregorio XIII ne sancisce la nascita ufficiale ma in realtà si trattò di dare una veste ufficiale alla comunità di sacerdoti secolari che - riuniti intorno a Filippo - diede vita a incontri di meditazione, di preghiera e di dialogo spirituale che da allora costituiscono l'anima ed il metodo dell'Oratorio. Nato a Firenze nel 1515, Filippo giunse a Roma nel 1534 da pellegrino e qui passò la maggior parte della sua vita dedicandosi all'apostolato, prestando la sua opera presso gli Ospedali degli incurabili, e partecipando alla vita di confraternite, tra cui quella della Trinità dei Pellegrini. Si dimostrò sempre interessato agli studi: da ragazzo si era formato presso il convento domenicano di San Marco, e a Roma frequentò le lezioni di filosofia e di teologia dagli Agostiniani e alla Sapienza. Si radicò talmente nel tessuto sociale e religioso della città che alla sua morte gli venne attribuito il titolo di Apostolo. La passione per gli studi è ancor oggi testimoniata dalla sua biblioteca privata: manoscritti incunaboli e testi lasciati alla sua morte alla Congregazione rappresentano oggi il nucleo originario della Biblioteca Vallicelliana.

  • Accadde:

    16 maggio 1792 inaugurazione del Gran Teatro la Fenice di Venezia
    A Venezia nel '700 si contavano ben sette teatri, due destinati al dramma e cinque alla musica. Il più elegante e frequentato della città era il Teatro San Benedetto, voluto dalla storica famiglia veneziana dei Grimani e poi ceduto alla Nobile Società dei Palchettisti. In seguito a una vertenza giudiziaria, il teatro venne assegnato ai nobili Venier e la Società decise di costruirne subito un altro, ancor più grande ed elegante: nacque così il Gran Teatro La Fenice, a simboleggiare la rinascita della Società dei Palchettisti. Il primo di novembre del 1789 venne bandito il concorso per la sua realizzazione, vinto Giannantonio Selva. I lavori durarono due anni e il 16 maggio 1792, giorno della Festa della Sensa, La Fenice venne inaugurata con la prima assoluta dell'opera di Giovanni Paisiello "I giuochi d'Agrigento". Da allora il teatro ha subito diverse modifiche e restauri più o meno radicali legati spesso a vicende storiche e politiche, e nonostante lo stesso bando di concorso richiedesse agli architetti di studiare soluzioni che rendessero l'edificio meno esposto a rischi, diverse volte si sono verificati incendi di diversa entità, l'ultimo dei quali, avvenuto il 29 gennaio 1996, di natura dolosa, fu devastante. La ricostruzione "com'era, dov'era", su progetto di restauro dell'architetto Aldo Rossi, si è protratta fino al dicembre 2003 quando il Teatro è stato nuovamente inaugurato alla presenza del Presidente della Repubblica.

  • Feste e sagre:

    Festa dei Ceri a Gubbio, 15 maggio
    Da 800 anni, il 15 maggio, ha luogo a Gubbio la "Corsa dei Ceri", in onore di sant'Ubaldo Vescovo.
    I Ceri nacquero all'indomani della sua morte, avvenuta il 16 maggio 1160: infatti, dopo una vita esemplare quale padre spirituale della città, ma anche dopo averla salvata da pericoli come l'assedio da parte delle undici città confederate (1151) e dal saccheggio da parte dell'imperatore Federico Barbarossa (1155), egli fu subito venerato come un santo. Nel 5 marzo 1192 papa Celestino III lo canonizzò con apposita bolla, permettendo agli eugubini di festeggiarlo, come già avevano cominciato a fare. L'11 settembre 1194 il corpo di sant'Ubaldo fu trasferito in una chiesa a lui dedicata eretta sul monte Ingino, il colle che sovrasta Gubbio. La tradizione vuole che la festa sia il frutto della trasformazione di un'originaria offerta di cera che le corporazioni medievali eugubine donavano al patrono. Tali corporazioni davano luogo al trasporto dei tre grandi Ceri sulla cima dei quali erano saldamente fissate le statue dei santi Ubaldo, patrono della città e della Corporazione dei Muratori e Scalpellini; Giorgio, patrono della Corporazione dei Merciari; Antonio Abate, patrono dei Contadini e degli Studenti. I ceri raggiungono un'altezza di 5 metri e un peso di 5 quintali circa: sono costruiti in legno e ricoperti di cera, e composti da due elementi a sezione ottagonale uniti da una trave. Trasportati su barelle a forma di H sorrette dai "ceraioli", i Ceri percorrono velocemente le strade cittadine, compiendo tre giri attorno al gonfalone posto al centro della Piazza Grande. I "ceraioli" trasportano infine i ceri per la ripida salita che da Porta Sant'Ubaldo conduce alla cima del Monte Ingino. Vista l'importanza e la popolarità della manifestazione, anche a livello regionale, dal 1973 i Tre Ceri rappresentano il simbolo della Regione Umbria e sono stilizzati nel gonfalone e nella bandiera ufficiale della regione.
    Vai alla scheda della festa

  • La ricetta:

    Ricetta
    Risotto di bruscandoli (Veneto)
    Ingredienti per 4 persone: 300 g di cime di luppolo, 600 g di riso, 1 spicchio d'aglio, ½ bicchiere d'olio, 1 mazzetto di prezzemolo, 100 g di burro, 1 litro di brodo (di manzo o gallina), parmigiano reggiano grattato, sale e pepe.
    Preparazione: Soffriggere il prezzemolo tritato nell'olio, versarci poi l'aglio e le punte di luppolo ben lavate e tagliate a pezzetti, e lasciar cuocere a fuoco moderato almeno per un quarto d'ora. Versare il riso e mescolare, alzando la fiamma per farlo friggere qualche momento, poi aggiungere poco alla volta il brodo (mai più di mezzo mestolo per volta) e aspettare che il riso lo abbia incorporato tutto prima di aggiungerne ancora. Continuare sempre a mescolare con calma e poco prima che il riso sia cotto aggiustare la salatura, versare il grana grattato, il pepe e il burro. A questo punto spegnere il fuoco, coprire e lasciare riposare per qualche minuto prima di servire.

    * Ricetta tratta dal "Ricettario della cucina regionale italiana 2001" dell'Accademia Italiana della Cucina

  • Il proverbio:

    Chi pota di maggio e zappa d'agosto, non raccoglie né pane né mosto

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