Madonna del Pollino a San Severino Lucano
prima domenica di giugno - venerdi sabato e domenica della prima settimana di luglio - seconda domenica di settembre
La salita
La prima domenica di giugno, all'alba dopo la messa, dal paese di San Severino Lucano (Potenza), si avvia la processione che porterà la statua della Madonna al Santuario sul monte, dove arriverà al tramonto dopo aver percorso ben 18 chilometri. Oltre agli abitanti di San Severino Lucano vi partecipano i fedeli provenienti da tutta la valle del Frido e da molti paesi limitrofi. Lungo il tragitto vengono effettuate alcune pause di ristoro e di preghiera su piccole strutture di mattoni a bordo strada, dette pisuoli, oltre ad una lunga sosta presso la frazione di Mezzana, dove viene celebrata la messa nella chiesa di Maria SS. dell'Abbondanza. Come avviene anche in altre processioni in occasione delle "poggiate" della statua si manifesta il rito dell'offerta ai pellegrini, da parte degli abitanti delle zone in cui sitrovano i pisuoli, di vino, caffè, latte, biscotti e frittelle.
Il trasporto della statua, affidato ad una confraternita laica che mantiene e tramanda questo rito, segue un preciso codice non scritto: la posizione del portatore rispetto alla statua, la durata del suo sforzo, il tratto da esso percorso, sono regolate da norme ben precise che, tuttavia, vanno perdendosi nel corso del tempo. Alla processione partecipano - sempre meno, col trascorrere degli anni - donne che, lungo il percorso accidentato del pellegrinaggio, portano in bilico sul capo le "cinte", pesanti e complesse composizioni di fasci di cereali e candele che costituiscono una forma di ex-voto peculiare della devozione in Basilicata.
Le portatrici sono spesso incitate a ballare dai suonatori che accompagnano la processione. La danza è un modo per esprimere devozione alla Vergine: la tarantella, che comunemente si associa ad occasioni ludiche, qui assume la forma di "danza processionale" e "devozionale". I cantatori e i suonatori di zampogna, organetto e tamburello sono tra protagonisti di questa giornata e di tutto il culto alla Madonna del Pollino. Lungo il percorso, i canti, la musica e la danza sostengono, incitano e danno energia ai pellegrini, ma soprattutto costruiscono un "ambiente sonoro" e coreutico che, a dire di molti, ha la stessa valenza della preghiera e che contribuisce ad avvicinare il divino.
La festa
Venerdì, sabato e domenica della prima settimana di luglio ha luogo la più festosa, affollata, sentita festa devozionale alla Madonna del Pollino ora custodita nel Santuario diocesano sul monte. Le provenienze sono dalla Basilicata e dalla Calabria e, anche se oggi è possibile raggiungere il Santuario in automobile, molti preferiscono ancora raggiungere il luogo sacro a piedi lungo antichi tratturi montani. L'area sacra è priva di strutture di accoglienza, pertanto, i pellegrini che decidono di festeggiare la Madonna per tre giorni devono costruirsi un ricovero per la notte e portarsi tutto il necessario per il sostentamento: i pellegrini innalzano sotto i faggi e gli abeti tende da campeggio o o allestiscono ripari di fortuna che. Dopo il saluto alla Madonna custodita nel Santuario, è il tempo degli incontri, dei saluti, del raccontarsi, dello scambio di prodotti tipici, vino e di strumenti musicali popolari. I fedeli provenienti da tutto il circondario, molto spesso, si incontrano solo in occasione di questa ricorrenza, che assume, quindi, anche il colore della festa popolare.
A partire dal tardo pomeriggio del venerdì tutta l'area comincia ad animarsi di tantissimi microeventi che coinvolgono questa comunità temporanea di fedeli e che hanno costituito un fertile campo di osservazione per generazioni di antropologi, etnomusicologi ed etnocoreologi di tutta Europa. Comincia a diffondersi il suono delle zampogne, delle surduline (una particolare zampogna diffusa soprattutto nell'area del Pollino e dell'alto Jonio, di piccole dimensioni e dalle caratteristiche tali da indurre gli organologi a pensare che sia uno degli strumenti di questo tipo più antichi sopravvissuti in Italia), degli organetti e dei tamburelli. I suonatori vanno al Santuario, eseguono suonate e danze devozionali al cospetto della Madonna, per poi ritornare al luogo dell' accampamneto. Qui è usanza portare i "suoni" ai membri più anziani della comunità, che partecipano attivamente, suonando, cantando o ballando e che, per tradizione, ricambiano la visita dei suonatori e dei danzatori con insaccati, carne arrostita e abbondanti libagioni. L'offrire cibo e vino, in questo contesto, assume una precisa simbologia legata sia all'ospitalità, sia a elementi religiosi, propiziatori ed augurali.
La danza è un altro degli aspetti che caratterizzano la festa di luglio: tarantella e pastorale calabro-lucana sono ancora molto vitali; le danze ludiche si alternano a quelle devozionali e, anche se questa pratica non è incoraggiata dalla Chiesa locale, è uso danzare nel Santuario o sul sagrato, soprattutto a notte inoltrata, davanti alla statua della Madonna. Quando è sera la montagna si illumina dei fuochi, sui quali, per tradizione, i pellegrini cuociono carne. Fino a qualche decennio fa centinaia di animali venivano macellati sul posto, un atto antico e simbolico che richiamava antichi riti sacrificali. Intanto, all'interno del Santuario, i devoti continuano a portare il loro omaggio alla Vergine. Alcuni, soprattutto i più anziani, rimangono in chiesa per tutta la notte rivolgendo alla Madonna preghiere, litanie e canti popolari. La mattina del sabato l'area circostante l'edificio di culto si affolla gradualmente di fedeli in trepidante attesa. Alle ore 11,00 tra manifestazioni di fede, suppliche, invocazioni e scoppi di mortaretti "esce la processione" dal santuario che dal mese di giugno custodisce la Statua: sul crinale tra le valli di Frido e di Sinni l'effige di Maria benedice il "popolo lucano" e poi, dall'altro versante, il "popolo di Calabria".
La processione si snoda lungo i percorsi della montagna preceduta dal clero e dalle donne con le cinte e seguita dalla banda, e dai suonatori del Pollino, ad ogni poggiata i fuochi pirotecnici salutano la Madre di Dio, mentre i fedeli, soprattutto le donne, si rivolgono alla Madonna come donna e come madre. Questo è il momento nel quale si manifestano apertamente le motivazioni personali che hanno spinto il fedele al pellegrinaggio: c'è chi rivolge richieste, chi ringrazia per la grazia ricevuta, altri espiano una colpa e come in tutte le manifestazioni delle religiosità popolare, tali atti sono pubblici ed esibiti anche attraverso modalità espressive non sempre coerenti con l'ortodossia cattolica.
Contrariamente a quanto comunemente si crede, a questo rito partecipano persone di tutti i ceti sociali, negli ultimi anni si è anche assistito ad un progressivo riavvicinamento dei più giovani, forse per merito di Giovanni Paolo II, che ha saputo rivitalizzare il culto mariano anche nell'ambito della pietà popolare.
Fino al 1999 la statua della Madonna, all'uscita della chiesa, veniva collocata su un poggio per dare modo ai fedeli di procedere al rito dell'incanto: una vera e propria asta con la quale si concedeva alla comunità che offriva la somma di denaro più elevata il privilegio di trasportare a spalla la statua della Madonna lungo il percorso processionale. A questo rito partecipavano solo gli uomini delegati dalle comunità di provenienza a fare delle offerte.
Intorno alle 13.00 la processione ha termine con il rientro della statua nel Santuario ove, per l'intera estate, potrà essere venerata dai fedeli, ma la festa non volge affatto al termine. Adesso i devoti ritornano ai loro ripari per il pranzo, le musiche e le danze. Per tutto il pomeriggio e la notte del sabato la convivialità e l'allegria dominano la comunità temporanea dei fedeli. È anche il momento in cui si rinsaldano i legami tra devoti provenienti da paesi diversi, si concludono affari, nascono amicizie ed anche amori.
La domenica, dopo aver reso il saluto alla Madonna e aver raccolto piccoli oggetti dal significato sacro e taumaturgico - come piccole scaglie della pietra della grotta del miracolo o erbe medicinali raccolte nell'area del Santuario - comincia il rientro dei pellegrini ai paesi di provenienza.
La discesa
La seconda domenica di settembre la statua della Madonna ritorna alla sua dimora invernale. Il rito del rientro prende avvio il sabato. I devoti salgono al monte, come per la salita, anche in questa occasione i membri della Confraternita di San Severino Lucano regolano, in modo discreto, il rito. La notte è vissuta in modo molto più intimo e silenzioso di quelle che caratterizzano i giorni della festa di luglio.
All'alba i membri della Confraternita ripongono la statua della Vergine sul baldacchino che servirà per il trasporto a valle, dopo la messa prende avvio la processione alla quale, ancora una volta, prendono parte i suonatori di zampogne e di organetto del Pollino.
L'arrivo ai primi centri abitati vede il rinnovarsi del rito dell'offerta: ciambelle dolci, vino, caffè, vengono offerti ai pellegrini, alle porte della frazione di Mezzana la statua viene posata e una lunga fila di devoti viene ad invocarla ed a renderle omaggio. A mezzogiorno la processione riprende alla volta della chiesa di Mezzana, dove sarà celebrata la messa. Ancora un tratto di strada e poi la statua arriva a San Severino Lucano. Qui, prima di entrare in chiesa, i membri della Confraternita la issano per tre volte prima di accompagnarla nella sua dimora invernale dove gli abitanti vengono a renderle omaggio. Adesso la Madonna del Pollino attenderà l'arrivo della primavera e con essa il rinnovarsi della devozione popolare.
Il Pollino
Il luogo sacro si colloca nella parte settentrionale del Massiccio del Pollino, ad un'altezza di 1537 metri s.l.m, all'interno dell'omonimo Parco nazionale. I primi insediamenti umani risalgono a dodicimila anni fa, da allora questa zona ha visto alternarsi greci, lucani, romani e longobardi. I monaci orientali giunti in quest'area intorno al X secolo disseminarono il territorio di eremi e cenobi. Nella prima metà del XI secolo vi si insediarono i Normanni, che pur favorendo il monachesimo occidentale si mostrarono tolleranti verso il rito orientale. Con i Normanni continua la creazione di piccoli e grandi centri monastici. All'arrivo, intorno al 1500 dei profughi "greco-albanesi" fuggiti dalle loro terre sotto la pressione ottomana, corrisponde il popolamento di alcuni centri nelle vicinanze del Santuario, dai quali provengono ancora oggi molti devoti alla Madonna del Pollino. Alla dominazione aragonese seguirono il Viceregno Austriaco e poi il dominio dei Borbone ed è proprio durante il regno di Ferdinando IV che l'intera area venne afflitta prima da una grave carestia (1714) e poi da un disastroso terremoto (1783). Secondo alcuni è proprio durante questo periodo di incertezze e di paura che nasce il culto e si erige il Santuario della Madonna del Pollino.
La storia
L'origine del culto alla Madonna del Pollino, la storia del ritrovamento della statua della Vergine e dell'edificazione del Santuario sono ancora oggetto di ricerca da parte degli studiosi e le versioni "popolari" sono numerose e diverse tra loro. Secondo alcune fonti il ritrovamento della statua lignea della SS. Vergine con Bambino - che originariamente pare fosse di fattura orientale o bizantina - risalirebbe agli inizi del '700. Attualmente la statua lignea della Madonna del Pollino, realizzata da autore ignoto probabilmente nel XIX sec., richiama alla simbologia della "Regina del cielo": la Vergine coronata si presenta in piedi, veste una tunica rosa antico e un manto giallo-oro; con la mano destra porge una rosa purpurea e con l'altra regge il S. Bambino coronato, rivestito con una tunica celeste a fiori, che mostra, con la mano destra, un globo crocifero. In passato la statua indossava un vestito ed un ampio mantello, rimosso da un contestato restauro, sul quale i fedeli appuntavano le loro offerte votive in denaro e gioielli. Due angeli completano il gruppo ligneo.
Tra le molte versioni sull'origine del culto tramandate oralmente dai devoti è costante l'apparizione della Madonna del Pollino ai pastori prima del ritrovamento della statua custodita in una grotta nelle immediate vicinanze dell'attuale Santuario. Secondo la ricostruzione fatta da due parroci di San Severino Lucano - Don Prospero Cirigliano, in uno scritto del 1929, e Don Camillo Perrone in un lavoro di ricerca pubblicato nel 1966 - pochi giorni dopo l'apparizione della Vergine ad un pastore, avvenuta nello stesso luogo ove si celava la scultura, avvenne che due donne, memori della presenza miracolosa della Vergine, andarono sul monte per ottenere la guarigione miracolosa del marito di una di loro. Assetate, mentre cercavano acqua in una grotta trovarono la cassa di legno in cui era racchiusa la statua della Madonna: al loro rientro trovarono l'uomo guarito che, in segno di riconoscenza, edificò la chiesa. In altre versioni si narra che la Madonna, sotto le sembianze di una "Bella Signora", si sarebbe rivelata ad una pastorella e avrebbe espresso, in una lettera da consegnare al clero, il desiderio che le venisse consacrato in quel luogo un edificio di culto.
Secondo la storia tramandata a Terranova del Pollino, l'origine del culto è ancora diverso. Tutti i pastori del monte usavano radunarsi nei pressi della grotta sul Pollino per concordare la suddivisione dei pascoli. Dopo circa un mese si incontravano nuovamente e agli inizi di settembre un nuovo incontro sanciva la fine dell'alpeggio. Ognuno di questi incontri diventava occasione di festa; si faceva musica con gli strumenti musicali tipici dei pastori, le zampogne, si facevano grandi mangiate di carne di animali macellati sul posto, ecc... Nel corso di uno di questi incontri l'attenzione dei pastori fu attirata da un bagliore proveniente dalla grotta, al cui interno trovarono una giovane donna avvolta da una intensa luce. Da allora i pastori, e tutti gli abitanti del Pollino, cominciarono a venerare quel luogo. All'intercessione della Vergine del Pollino sono attribuiti miracoli, inerenti soprattutto guarigioni fisiche e scampati pericoli. A testimoniarlo sono ancora oggi visibili decine e decine di ex-voto, iscrizioni, candele, abiti nuziali, capelli, ricami raffiguranti oggetti sacri custoditi presso il Santuario.
Testo: F. Floccia e B. Terenzi (tratto da Feste e Riti d'Italia). Adattamento a cura della Redazione
Foto: A. Rossi, 1968
Archivio Fotografico dell'Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia
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Foto: A. Rossi, 1973
Archivio Fotografico dell'Istituto Centrale per la Demoetnoantropologiaerino
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