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San Rocco, Gioiosa Jonica, 2004. Foto: M. Marcotulli 2004  Archivio Fotografico dell’Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia San Rocco, Gioiosa Jonica, 2004. Foto: M. Marcotulli 2004 Archivio Fotografico dell’Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia

San Rocco a Gioiosa Ionica

Il culto di San Rocco

A Gioiosa Jonica (Reggio Calabria), San Rocco, proclamato patrono nel 1775 in sostituzione di Santa Caterina d'Alessandria, è festeggiato tre volte: il 27 gennaio in ricordo del miracolo della Sudorazione della statua, che si verificò nel 1852, il 16 agosto, data liturgica del santo, e l'ultima domenica di agosto, sua festa patronale. La diffusione del culto risale probabilmente alle epidemie di colera e peste dell'Italia meridionale nel XVI secolo: Gioiosa si salvò dal contagio ed è probabile che la popolazione abbia trovato rifugio nella devozione a San Rocco. Inoltre il prodigio della Sudorazione della statua del 1852 ricorda l'intercessione di San Rocco durante un terremoto che risparmiò Gioiosa. La chiesa oggi dedicata al Santo, attualmente con carattere ottocentesco, fu probabilmente costruita intorno alla fine del '500, periodo di cui si conserva una campana - datata 1593 - ed un'acquasantiera in pietra che riporta un'iscrizione del 1635. Si narra che la statua del Santo arrivò a Gioiosa nel 1748 da Napoli sul veliero "San Luigi" e che fu trasportata dai fedeli esultanti dalla spiaggia alla chiesa: la pratica odierna di appendere, in occasione della festa padronale, barchette e velieri di carta velina da un balcone all'altro delle case del centro, potrebbe essere il ricordo di tale evento.

Il culto di San Rocco, oltre all'intensissima partecipazione degli abitanti di Gioiosa, tra i quali i giovani ricoprono un ruolo centrale, richiama moltissimi devoti dai paesi limitrofi e da tutta la Calabria. In passato, ora più raramente, i pellegrini in voto giungevano a piedi al Santuario alla vigilia in attesa della processione della domenica. Anche emigrati di varie generazioni ritornano con i congiunti almeno una volta nella vita per l'ultima domenica di agosto a festeggiare il Santo Patrono, gli anziani sono spesso accompagnati da figli e nipoti che ancora subiscono il forte richiamo delle proprie radici e della festa. San Rocco, forse più di altri Santi, ha seguito spesso gli emigrati nei loro spostamenti e non è raro ritrovare questo culto presso molte comunità di connazionali all'estero.

La festa patronale

La festa patronale rappresenta la chiusura di un complesso calendario che si avvia con la preparazione del Santo, per arrivare ai festeggiamenti del 16 agosto, quindi alla novena ed alle visite dei devoti, fino alla conclusione l'ultima domenica d'agosto.

Il 16 agosto, detta dai gioiosani "jornata", è dedicato alle preghiere ed ai canti tradizionali intonati dai fedeli in onore di San Rocco: i festeggiamenti prendono avvio con la rimozione della statua del Santo dalla nicchia della sua cappella e la sua sistemazione sotto un baldacchino di sete colorate, davanti al quale sono posti ceri votivi e reliquie. La cerimonia di preparazione procede con riserbo e devozione, a porte chiuse, in una atmosfera di sentita partecipazione, il Santo sarà mostrato ai fedeli solo a rito completato.

Il sabato che precede l'ultima domenica di agosto, si ha la cosiddetta "nottata": una veglia di canti e preghiere presso il Santuario dove i devoti si raccolgono in attesa della domenica di festa. La città viene addobbata con archi e luminarie, che illuminano a giorno le vie principali, i balconi sono ornati di festoni di bandierine e barchette di carta velina. Vengono organizzate lotterie a premi, competizioni, esibizioni musicali e fuochi d'artificio, a segnare l'inizio e il termine dei festeggiamenti. Nel corso della festa, oggi, vengono venduti dolci tipici simili a biscotti, di aspetto compatto e di consistenza dura, con varie forme, chiamati "mustazzuoli" fatti con miele e farina che sono anche offerti al Santo.

L'ultima domenica di agosto, il giorno della festa, la processione, che dura almeno sei ore, ma che è arrivata a volte a durare oltre 12, è l'elemento principale. Durante la processione si ha la massima affluenza di devoti nella cittadina. Dai dintorni giungono numerose comitive per partecipare al lungo corteo che si svolge al suono incessante dei "tamburinari" che segnano il ritmo della processione e del "ballo votivo".

Oltre ai "tamburinari", prendono parte alla processione anche suonatori di strumenti tradizionali - organetti, tamburelli, zampogne, pipite (ciaramelle), triangoli - cui si aggiungono anche strumenti musicali moderni, mutuati soprattutto dalle bande musicali, ad accompagnare il ballo votivo al ritmo della tarantella. Il percorso della processione, iniziata al mattino dal Santuario di San Rocco per proseguire fino alla Chiesa Madre per la messa solenne delle 11, prosegue prima verso il centro e poi si avvia per il suo rientro al Santuario. Quando la processione giunge, all'imbrunire, alla Chiesa di San Rocco, la piazzetta si è andata riempiendo di folla accaldata in attesa. I tamburi accelerano, ogni suonatore insegue la sua musica e "batte" secondo il suo ritmo in modo ossessivo e sempre più forte. I devoti, gli abitanti di Gioiosa, i vicini accorsi, tutti invocano San Rocco che viene trasportato da una parte all'altra della piazza, fino alla soglia della chiesa e poi di nuovo fra la gente che lo invoca. I tamburi sono assordanti, la gente esaltata invoca e piange mentre il Santo ritorna finalmente al Santuario in attesa del prossimo anno in mezzo ad una commozione e frenesia ormai generale.

Ballo votivo

La processione a San Rocco è una processione ballata, scandita ed accompagnata dal ritmo serrato dei tamburi che accompagnano la processione. Il ballo votivo è una antica pratica devozionale degli abitanti di Gioiosa, ma esistono anche altri luoghi in Calabria, come ad esempio a Palmi, dove la danza votiva accompagna i rituali dei culti devozionali. In passato i devoti, uomini e donne danzavano davanti al Santo, al ritmo di tarantella, per ringraziamento di una grazia ricevuta o per supplica. Sull' origine del ballo non si hanno indicazioni precise, alcuni narrano che quando Gioiosa uscì indenne dalla peste, il popolo, per ringraziare il Santo del miracolo, si riversò per le strade danzando felice. Nel tempo l'antica tradizione si è trasformata ed il ballo votivo non è solo praticato da coloro che sciolgono un voto, ma coinvolge un gran numero di devoti che ballano al ritmo incalzante di decine di tamburi con un coinvolgimento talmente intenso da creare quasi uno stato ipnotico e di trance collettiva.

Testo: B. Terenzi (tratto da Feste e Riti d'Italia). Adattamento a cura della Redazione


 

Foto: M. Marcotulli, 2004
Archivio Fotografico dell'Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia

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