
#LACULTURANONSIFERMA. MusichEmigranti. Un archivio e un progetto editoriale dell’Università di Roma “Tor Vergata” di Serena Facci
Quando nel 2013 ho cominciato una ricerca su musica e migrazione a Roma pensavo di essere arrivata in un momento di stabilità rispetto a un processo avviato nei precedenti venti anni.
Ormai diverse comunità si erano sedimentate nella città, avevano creato proprie associazioni, e proprie consuetudini. Avevano ottenuto e talvolta edificato spazi significativi di ritrovo e soprattutto di preghiera, tentato, grazie all’aiuto di molte associazioni, momenti di condivisione culturale con i “vecchi romani”. Le occasioni del fare musica erano molte, soprattutto nelle feste e nei riti.
Coro della chiesa cattolica Ucraina di S. Sofia. Inaugurata a Roma nel 1969.
Pensavo che potesse essere interessante, e forse anche utile, avviare una ricerca etnomusicologica finalizzata alla realizzazione di un archivio audiovisivo in cui raccogliere un’ampia testimonianza di come il carattere musicale della città fosse cambiato e si fosse, a mio parere, profondamente arricchito.
Giubileo dei Migranti e dei rifugiati. Piazza S. Pietro, Roma 2016.
Altri del resto avevano documentato diverse esperienze culturali dei “nuovi romani”, come Sandro Portelli con il Circolo Gianni Bosio, per il progetto “Roma Forestiera”, e aveva pubblicato una prima raccolta antologica in CD, Istaraniyeri. Musiche migranti a Roma.
La ricerca dell’Università di ”Tor Vergata” si è incentrata in particolare sulla musica sacra.
Coro e strumentisti della comunità cattolica Nigeriana.
Festa dei popoli. Basilica di S. Giovanni in Laterano, Roma 2018.
In una città come Roma, così profondamente segnata dalla antica storia religiosa che ne ha fatto da secoli un luogo cosmopolita e abituato alla pluralità delle presenze, i repertori religiosi, e in particolare, cristiani, sono un buon punto di osservazione per comprendere le dinamiche migratorie.
I culti in genere prevedono, in qualunque religione, una organizzazione dei suoni (siano essi considerati musicali o meno) che è chiaramente caratterizzata in senso geo-culturale. Cantillazioni, inni, canti formulaici, musiche strumentali e anche danze inoltre devono essere eseguiti “dal vivo”, coinvolgendo necessariamente cantori o strumentisti, più o meno esperti ma comunque assolutamente necessari alla buona riuscita del rito stesso.
Processione per la festa di San Michele. Chiesa eritrea ortodossa, Roma 2017.
Insieme ad altri più giovani studiosi siamo quindi saliti su un treno in corsa con l’idea di scattare un’istantanea di cosa stava avvenendo nelle chiese in cui si radunavano le comunità di immigrati per le loro celebrazioni liturgiche.
Insieme a me hanno lavorato dottori di ricerca e dottorandi: Alessandro Cosentino, Vanna Viola Crupi, Maria Rizzuto, Blanche Lacoste, Giuseppina Colicci e molti studenti. Anche una collega dell’Università “Sapienza”, Grazia Portoghesi Tuzi.
Vanna Viola Crupi con il coro della chiesa Nigeriana.
Festa dei popoli. Piazza S. Giovanni in Laterano, Roma 2014.
Abbiamo verificato l’esistenza di una realtà molto dinamica e nel corso di questi sei anni abbiamo seguito le comunità e le loro attività musicali, esposte continuamente a mutamenti in gran parte caratteristici degli attuali movimenti diasporici (partenze, arrivi, momenti di crisi nei paesi di origine o in Italia, alternanza nella leadership e nella composizione dei cori, ecc.).
Comunità Ucraina. Commemorazione delle vittime di Holodomor.
Piazza del Popolo, Roma 2017.
Il nostro lavoro è stato sempre confortato dalla disponibilità di tutte le comunità e, nel corso degli anni, abbiamo cercato la collaborazione di altre organizzazioni con le quali condividevamo finalità e idee. In particolare abbiamo stretto una Convenzione con l’Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale del MIBACT e con l’Ufficio Migrantes del Vicariato di Roma.
Abbiamo documentato liturgie domenicali e momenti dell’anno liturgico. In particolare il Natale e la Settimana Santa.
Chiesa Georgiana ortodossa.
Benedizione delle palme. Roma 2016.
Comunità Malabarese. Via Crucis, Roma 2015.
Abbiamo seguito diverse comunità in occasione di celebrazioni dedicate a Santi da loro particolarmente venerati.
Coriste della chiesa Georgiana. Processione per la Pasqua, Roma 2018
Abbiamo documentato come i repertori musicali, di tradizione scritta o orale, che hanno alle spalle storie talvolta di lunghissima durata siano resi viventi nell’attuale quotidiana pratica religiosa. I vecchi codici e le loro trascrizioni, testimoni della complessa evoluzione delle musiche sacre, assieme a nuovissime composizioni costituiscono un patrimonio immenso e continuamente rimaneggiato, appreso spesso attraverso documenti o tutorial diffusi grazie a Internet, adattato alle capacità musicali dei sacerdoti e dei coristi.
Lettura cantata delle preghiere. Chiesa rumena ortodossa.
Parrocchia dell’Assunzione di Maria, Roma 2014.
Queste esecuzioni musicali non devono essere valutate in base alla qualità tecnica ed estetica (talvolta peraltro di alto livello), ma piuttosto bisogna misurarne l’efficacia anche in termini sociali.
Spesso i fedeli ci hanno detto che ascoltando i canti in chiesa si sentivano “a casa” oltre che più vicini a Dio.
Chiesa Georgiana ortodossa.
Saluti alla fine della Liturgia domenicale, Roma 2017.
Quei suoni risvegliano memorie ed emozioni per chi entra in sintonia con loro. Aiutano a riconoscersi, ma nello stesso tempo a dialogare laddove capita di incontrare interesse, come è stato nel nostro caso. Alcuni di noi sono stati direttamente coinvolti anche come musicisti e l’esperienza è stata sempre molto bella sia per noi sia per le comunità e soprattutto per i musicisti con i quali si è creato un rapporto di stima e di maggiore confidenza.
Alessandro Cosentino e Alípio Carvalho Neto partecipano al concerto del gruppo Malaika, diretto da Cola Lubamba.
Sala Paolo VI, Città del Vaticano 2014.
I coristi e gli strumentisti, che spesso vengono ringraziati dai fedeli alla fine delle funzioni, sono consapevoli dell’importanza del loro ruolo. Pur tra molte difficoltà (svolgendo spesso lavori molto impegnativi) i direttori e le direttrici elaborano e preparano nuovi repertori e i coristi si esercitano, magari ripassando durante il lavoro la loro parte, con l’aiuto di registrazioni arrivate sul cellulare.
Halena Hromeck e il coro della chiesa Ucraina durante le prove.
Chiesa dei SS Sergio e Bacco, Roma 2020.
Angela Ndawuky Mayi dirige il coro della chiesa congolese.
Basilica di S. Lorenzo in Damaso, Roma 2015.
Dopo diversi anni abbiamo pensato di dare una visibilità concreta al nostro lavoro e all’importante contributo culturale dei musicisti con cui abbiamo lavorato. MusicEmigranti, per la casa editrice Neoclassica, è una collana di agili libri ai quali sono abbinati documenti audiovisivi che provengono dal nostro archivio, aperta però anche al contributo di altri studiosi.
Presentazione del libro Esengo. Libreria Griot, Roma 2020.
I volumi sono dedicati a singole comunità o a singoli argomenti che riguardino il rapporto musica e migrazione. In questo modo vogliamo contribuire alla generale riflessione che su questo tema si è da tempo avviata a livello internazionale, ma anche restituire alle comunità, che con tanto interesse hanno collaborato al nostro progetto, i materiali, le narrazioni e le riflessioni che in questi anni abbiamo raccolto grazie al loro contributo. Il primo volume pubblicato è Esengo. Pratiche musicali liturgiche della chiesa Congolese di Roma, di Alessandro Cosentino, frutto di un complesso dialogo tra l’autore e diversi membri della comunità.
Testo di Serena Facci.
Foto di Giuseppina Colicci, Alessandro Cosentino, Vanna Viola Crupi, Antonella Di Cuonzo, Serena Facci, Blanche Lacoste.