- Pubblicato in Puglia
Settimana Santa a Noicattaro
VENERDI SANTO
Foto: C. Samugheo - Processione del Venerdi Santo
Archivio Fotografico dell'Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia
VENERDI SANTO
Foto: C. Samugheo - Processione del Venerdi Santo
Archivio Fotografico dell'Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia
VENERDI' SANTO
I riti hanno inizio nelle prime ore del pomeriggio del Venerdì Santo e precisamente alle 15:30 quando la statua del Cristo morto viene trasportata a spalla, introdotta soltanto da incessanti colpi di tamburo, dalla Chiesa del Carmine alla Cattedrale.
Foto: C. Samugheo - Processione del Venerdì Santo
Archivio Fotografico dell'Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia
Foto: C. Bucci - Processione del Venerdì Santo 2008
Archivio Fotografico dell'Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia
Processione - Venerdi Santo
La processione esce alle cinque del pomeriggio del Venerdì Santo dalla Chiesa del Carmine, portando le statue che simboleggiano la passione di Gesù, e procede per le strade del Borgo Nuovo. I confratelli sono vestiti con l'abito tradizionale dei Perdoni e procedono a ritmo lentissimo accompagnati dalle marce funebri.
Foto: L. Catucci - Processione del Venerdi Santo (2007, 2008, 2009)
Archivio Fotografico dell'Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia
Misteri
VENERDI' SANTO
Il numero dei misteri varia di anno in anno: attualmente è di quarantaquattro statue di cui quarantadue appartenenti a privati. Ciascuno dei misteri, realizzati in cartapesta, raffigura un episodio della Passione di Cristo fino alla sua crocifissione.
Foto: G. Zanni - Processione dei Misteri il Venerdì Santo 1980-1985
Archivio Fotografico dell'Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia
7-8-9 e 16 settembre
La sagra a mare, comunemente chiamata fèst d'la Mèdonn coincide con la festa patronale di Molfetta in onore della Madonna dei Martir, proclamata protettrice dei marinai agli inizi dell' Ottocento.
Foto: G. Zanni, 1992
Archivio Fotografico dell'Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia
La festa di San Donato si svolge a Montesano Salentino il 6 e 7 Agosto, presso la cappella dedicata al santo. In occasione della ricorrenza la statua del santo taumaturgo, custodita solitamente nella chiesa parrocchiale, viene condotta nella cappella dove affluiscono i devoti, per la maggior parte sofferenti per il "male di San Donato", che comprende l'epilessia, stati di ansia e malattie mentali in genere. Si ritiene che il male sia inviato dal santo, protettore degli epilettici e dei malati di mente, e che solo da lui possa essere tolto per il periodo di un anno, fino all'anno dopo. All'interno della cappella i pellegrini sofferenti, vestiti con un abito rituale bianco si abbandonano a comportamenti parossistici e convulsivi, che alternano a momenti di maggiore consapevolezza, nei quali invocano la grazia rivolgendosi direttamente al santo con preghiere ed esortazioni.
Dopo un prima uscita della statua nel corso della mattina, ha luogo nel pomeriggio una processione più ampia, e i fedeli infine si preparano a passare la notte vicino al loro santo protettore.
Foto: M. Gandin 1965
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8 MAGGIO - 29 SETTEMBRE
Il pellegrinaggio
Il pellegrinaggio a Monte Sant'Angelo (Foggia), dopo un periodo di stasi, è oggi ripreso anche da altri paesi della Puglia, dell'Abruzzo e del Molise. Compiono il viaggio a piedi la compagnia di San Marco in Lamis, quelle di San Salvo e di Ripabottoni. Molte altre giungono in auto o in pullman, rispettando i rituali di pellegrinaggio: il canto di ingresso dedicato all'Arcangelo, la recita della Coroncina angelica e il canto di licenza prima di ripartire. La città di San Marco in Lamis è molto devota all'Arcangelo. In quasi tutte le famiglie c'è un componente che porta il nome di Michele. L'8 maggio di ogni anno, duecento pellegrini si muovono incolonnati lungo i trentasei chilometri che separano i due paesi. Come facevano gli antichi "romei", equipaggiati di tutto punto, al seguito di una grande Croce, marciano verso il santuario per ore e ore con soste lungo la Via sacra Langobardorum (Statale 272): al Convento di San Matteo, alla tomba di Padre Pio a San Giovanni Rotondo e al Casale di Sant'Egidio o Pantano.
Guidata da un sacerdote, la Compagnia parte dalla piazza antistante la Villa comunale, nota come "sope li puzze", ossia il luogo dove si trovano i pozzi di acqua sorgiva che un tempo dissetavano l'intera cittadinanza, oltre ai pellegrini che per secoli transitarono lungo questo tragitto. Prima della partenza, viene officiata una Santa Messa propiziatoria nella Collegiata. Non è lecito recarsi alla Grotta dell'Arcangelo con pensieri profani, occorre compiere il tragitto sospinti da "fede, amore e gambe". Si va, infatti, al luogo sacro per sciogliere uno storico voto di penitenza. Un lungo cammino vissuto nella preghiera, nell'aiuto fraterno e nella carità. Nell'ultimo tratto verso la Basilica, quando lasciano la strada asfaltata per prendere un sentiero montuoso, i pellegrini portano in mano una grossa pietra in segno di penitenza per poi farla rotolare vicino alla grotta. E' il simbolo della vita che comporta un cammino impegnativo. All'arrivo a Monte Sant'Angelo, i pellegrini sono accolti dal suono delle campane delle chiese e da tanti sammarchesi che si radunano ai lati delle strade per salutarli festanti. Durante il soggiorno, si dedicano alle preghiere e all'esercizio di pie pratiche, espletate presso il santuario e presso le altre chiese dal passato glorioso di cui è ricca la città. I momenti più importanti della "tre giorni" sono la recita del rosario durante il tragitto; la catechesi e la celebrazione eucaristica nel santuario; la Via Crucis lungo la strada del ritorno. Al rientro a san Marco una vera e propria folla, radunata al quartiere Casarinelli, accoglie i pellegrini. L'arrivo è salutato con fuochi pirotecnici. Subito dopo, viene celebrato il ringraziamento, officiato presso un piccolo altare allestito nei pressi di Ponte Ferrarello.
Altre Compagnie di antica tradizione giungono annualmente a Monte Sant'Angelo, rispettando arcaici rituali: i pellegrini di Boiano e Toritto, come quelli di San Marco in Lamis, lungo il sentiero, raccolgono una pietra, metafora dei propri peccati, che portano stretta nella mano fino alla vetta; giunti sul pianoro, la gettano alle spalle, in segno di liberazione dal peccato. Ricordiamo che frammenti di pietra della grotta, fino agli anni sessanta, erano portate addosso dai fedeli, con funzione apotropaica, in piccoli cuori di stoffa bianca, detti coretti, miniatura del cuore dell'Arcangelo. Confezionati dalle donne montanare, venivano venduti a migliaia nelle botteghe dove si vendevano crocette e pietre di San Michele. Analoga funzione aveva l'abitino o uangelii, sacchetto di stoffa bianca che si apponeva alle fasce dei neonati per preservarli dal malocchio. All'interno veniva posto un santino dell'Arcangelo.
Dal 1995 da Vieste si rinnova il tradizionale pellegrinaggio del 29 settembre. E' stato ripristinato il "Sentiero dei Sammekalére", un antico percorso definito dagli appassionati di trekking «tra i piú suggestivi del Promontorio». Dopo la ricostituzione del Sovrano Ordine dei Pellegrini di San Michele Arcangelo, grazie all'impegno del WWF di Vieste, la via erbosa che porta direttamente alla grotta sul Monte è stata oggi risistemata dal Parco Nazionale del Gargano.
La partenza dei pellegrini avviene all'una e trenta di notte, al chiarore delle fiaccole. Il priore del Sovrano Ordine batte tre colpi decisi sulla porta sbarrata della Cattedrale: chi resta a casa viene bruscamente svegliato dallo scandire incessante dei campanelli e dai rituali canti micaelici. Gli abitanti del borgo antico si affacciano alle finestre e con un segno di croce salutano i Sammekalére in partenza. Un tratto in bus, fino a "Tacca del Lupo", sulla statale 89. L'orologio segna le quattro del mattino, inizia il trekking verso Coppa Fusillo, da dove si profilerà l'erto abitato di Monte Sant'Angelo. È ancora buio. Avvolti dalle tenebre, i pellegrini percorrono in fila l'antico sentiero, un tempo praticato dalle mandrie svernanti nella piana di Vieste. Risuonano le interminabili litanie, e la supplica al Principe delle Celesti Milizie, rivisitata in chiave ecologista: «A te Michael /a te principe della fede /noi pellegrini del Gargano /amanti di questa terra /antica e meravigliosa /rivolgiamo questa supplica: /fa' che l'uomo malvagio / non uccida animali indifesi /non bruci boschi e foreste /non inquini il cielo, la terra e il mare. /Ti preghiamo Michael /di usare la tua spada, se necessario /per punire quelli che spinti /dalla bramosia del denaro /calpestano tutto e tutti /seminando morte e solitudine. /Noi ti affidiamo questo compito, /o Principe degli Arcangeli, /e ti preghiamo di assolverlo. /Gloria tibi Sancte Michael».
La sosta rifocillante è presso la Masseria Rignanese. Superato il tratto più duro che condurrà i Sammekalére, dopo l'impervia salita per i tornanti della Montagna, sul sagrato della Reale Basilica, si scende nel sacro Speco. I pellegrini, in ginocchio al cospetto dell'Arcangelo, gli offrono la loro fatica. Con gli occhi chiusi e il capo chino, lo ringraziano. Dopo la santa Messa e la processione dietro la statua del Santo, lungo le strette stradine di Monte Sant'Angelo, il ritorno a Vieste e il "ringraziamento" in Cattedrale.
La Celeste Basilica oggi
Dall'atmosfera del sacro luogo promana un fascio oscuro e misterioso, che si materializza nel gioco di luci e ombre convergente sulla scintillante presenza della statua di S. Michele Arcangelo sotto la volta della grotta. La Chiesa è ben distinta in due parti: una appena si entra, costruita in muratura, chiamata la Navata Angioina; un'altra, allo stato naturale, è una spelonca nella roccia calcarea. A destra dell'ingresso troviamo un piccolo altare, che ricorda la visita di San Francesco d'Assisi, compiuta nel lontano 1216. San Bonaventura narra che San Francesco non si ritenne degno di entrare al cospetto del Principe delle Celesti Milizie: si fermò a pregare dinanzi all'entrata della Grotta.
All'interno del santuario, si può ammirare la statua di San Michele, opera di Andrea Contucci detto il Sansovino (1507), scolpita nel marmo bianco di Carrara. Il Principe delle milizie celesti è un guerriero che calpesta Satana, raffigurato nelle sembianze di un mostro.
Nel 1989 è stato aperto il museo devozionale che raccoglie i diversi oggetti che testimoniano il culto verso l'Arcangelo. Doni offerti al santuario dai pellegrini, in segno di riconoscenza per le grazie ricevute. Ex voto e statuette in alabastro o in pietra locale. Attualmente, rimangono 145 tavolette dipinte (di cui 133 conservate nel Museo devozionale e 12 custodite nel Museo etnografico Tancredi), ceri di varie dimensioni e provenienza, un centinaio di ex voto anatomici in argento e in metallo dorato, ornamenti preziosi. Le tavolette votive, opera di pittori garganici, raffigurano incidenti di caccia, incidenti di carretto, incidenti occorsi ai tagliatori di legna della Foresta Umbra, ma anche malattie, usi antichi come il lamento funebre, rovinose cadute in pozzi e cisterne, o da lunghe scale usate per la raccolta delle olive, oltre ai morsi di cavalli e cani rabbiosi. Nell'ultima sala, al centro della parete di fondo è posta la più antica icona di San Michele venerata nel santuario: un'opera in rame dorato, conosciuta come Icona bizantina del secolo VI-VII. In realtà, la sua origine risale all'epoca longobarda (VIII-IX sec). I doni, offerti al santuario ed ora raccolti nel Museo, testimoniano l'amore, la devozione a San Michele attraverso i secoli, la vitalità e l'importanza di questo luogo per i pellegrini di tutto il mondo.
La parte più suggestiva delle antiche costruzioni del santuario sono le Cripte. Lunghe circa 60 metri, si sviluppano sotto il pavimento della Basilica. Risalgono all'epoca longobarda e sono ritornate alla luce dopo gli scavi promossi da monsignor Nicola Quitadamo negli anni 1949-1960. Sono qui le numerose iscrizioni graffite lungo le pareti delle "cripte", alcune a caratteri runici, che testimoniano il notevole afflusso di pellegrini provenienti da tutta l'Europa fin dall'epoca longobarda. Queste costruzioni, risalenti al VII-VIII secolo, furono separate dalla Sacra Grotta verso gli anni 1270-1275, quando gli Angioini diedero al santuario l'assetto attuale. Al tempo di Carlo I e Carlo II d'Angiò, esso subì infatti rilevanti interventi di ristrutturazione, con l'aggiunta di una navata e della scalinata d'accesso.
Dal 13 luglio 1996, i Padri della Congregazione di San Michele Arcangelo hanno assunto la cura pastorale del santuario di S. Michele, sostituendo i Padri Benedettini Verginiani.
Testo: T. M. Rauzino (tratto da Feste e Riti d'Italia). Adattamento a cura della Redazione
Macchina delle Quarant'Ore - Giovedi Santo
Nella Chiesa di Santa Maria dell'Orto, la sera del Giovedì Santo viene allestita la monumentale "Macchina delle Quarant'Ore", una struttura ottocentesca che rappresenta il tradizionale "Sepolcro", di legno intagliato e dorato, sulla quale vengono collocate oltre duecento candele.
Foto: E. De Simoni (20 marzo 2008) - Macchina delle Quarant'Ore nella Chiesa di Santa Maria dell'Orto
Archivio Fotografico dell'Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia
Premessa.
L'edizione 2014 di MAV Materiali di antropologia visiva si apre con una giornata dedicata a Diego Carpitella e ad Annabella Rossi. I materiali inseriti nel programma della prima giornata sono inediti e mai visti. Sono stati realizzati da Carpitella e da Rossi nella prima metà degli anni '70 dello scorso secolo in Campania e avevano come tema il carnevale. Entrambi i due studiosi hanno seguito una pluralità di interessi di ricerca: musicale, coreutico, cerimoniale, simbolico. Carpitella, tra l'altro, seguendo le tracce di strumenti a doppio calamo individuò, per la prima volta in Italia, un suonatore e costruttore di doppio flauto a Montemarano. Rossi, affiancata da Roberto De Simone, realizzò una tra le più importanti documentazioni sui carnevali campani confluita nel volume Carnevale di chiamava Vincenzo scritto con il regista-musicologo napoletano. Un altro dato di rilievo consiste nell'utilizzo, da parte di entrambi, per la prima volta in ricerche sul campo in Italia, di attrezzature di videoripresa portatili, avviando in maniera pionieristica la pratica delle telecamere nella ricerca etnografica. I filmati, la cui opera di digitalizzazione e restauro è in corso, sono per la prima volta proiettati in pubblico e offrono la possibilità di osservare stili e metodi di ricerca di due tra i più importanti nomi dell'antropologia visiva italiana. La giornata si conclude con un omaggio a Michele Gandin in occasione del centenario della nascita. Nel secondo e nel terzo giorno della rassegna sono proiettati i filmati pervenuti, giunti numerosi a testimonianza che MAV è ormai un punto di riferimento per coloro che si occupano di antropologia visiva in Italia. Le sessioni sono organizzate secondo il consueto e collaudato schema dell'alternanza di proiezioni e discussioni.
MAV 2014 - Materiali di Antropologia Visiva - 27-28-29 novembre 2014
10 aprile
Presso la sala delle conferenze del Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari, giovedì 10 aprile alle ore 18.00, Costantino D'Orazio presenterà il suo libro "La Roma Segreta del film LA GRANDE BELLEZZA" (Sperling & Kupfer, 2014).
Introdurrà la presentazione Maura Picciau, direttrice dell'Istituto Centrale per la Demoantropologia - Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari.
«Non basta essere competenti storici dell'arte per descrivere i luoghi in cui Paolo Sorrentino ha ambientato le splendide scene del suo film 'La Grande Bellezza'. Bisogna conoscere la città in profondità e aver esplorato alcuni tra i suoi angoli più segreti e privati, che spesso non appaiono neanche sui libri.»
Costantino D'Orazio ha investigato per anni la sua città, ne ha scandagliato i luoghi magici e sconosciuti, ne ha scrutato l'anima invisibile ai turisti. Non poteva, dunque, rimanere insensibile all'atto d'amore che il regista del lungometraggio in corsa per l'Oscar ha dedicato alla Città Eterna. Con questo libro, l'autore ci conduce per mano alla scoperta dei luoghi del film, con passione e precisione documentaria. Dal Gianicolo, dove si apre il film, alle splendide terrazze che ospitano le feste e le indolenti conversazioni dei protagonisti, dal giardino di Villa Medici, in cui si svolge la passeggiata notturna di Jep e Ramona, fino all'EUR, dove Sorrentino ha genialmente «inventato» un negozio di lusso in quello che non è null'altro che l'atrio del Salone delle Fontane. Ricco di curiosità, ricostruisce gli spazi "impossibili" ricreati nel film (come casa di Jep Gambardella, il cui giardino dista, nella realtà, centinaia di metri dal terrazzo...). Una lettura imprescindibile per chi vuole vedere Roma con occhi diversi e per tutti coloro che hanno amato il film. Un invito ad assaporare fino in fondo la Grande Bellezza della città più bella del mondo.
L'autore
Costantino D'Orazio (Roma, 1974) è storico dell'arte. Da vent'anni racconta ed esplora Roma e i suoi artisti attraverso pubblicazioni, conferenze e mostre di arte antica e contemporanea in siti storici della Città Eterna. Collabora con vari quotidiani, Rai Radio 3 ed è ospite fisso di Geo & Geo su Rai 3. Ha già pubblicato Le chiavi per aprire 99 luoghi segreti di Roma, Le chiavi per aprire 99 luoghi segreti d'Italia, Ritratti Romani (Palombi Editori) e, per Sperling & Kupfer, Caravaggio segreto. I misteri nascosti nei suoi capolavori.