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Articoli filtrati per data: Marzo 2014

Nascita e infanzia

Tutte le società e le diverse culture presentano un orizzonte magico, un'area di credenze e di comportamenti che rientrano, in forme differenziate, nella categoria della magia. Generalmente si attribuiscono le credenze magiche alle società contadine o tradizionali dell'Occidente e alle culture cosiddette primitive dei paesi extraeuropei, ma una forma di ritualità magica è presente anche nelle società complesse e industrialmente avanzate. Nel mondo occidentale sempre più numerose sono le sette religiose caratterizzate da questa mentalità e diffuso è il ricorso a operatori dell'occulto. Le credenze magiche costituiscono comunque un sistema simbolico di riferimento, che permette di attribuire significato alla realtà e affrontare situazioni critiche.

In ambito folklorico le pratiche magico-religiose rappresentano spesso l'unica risorsa per risolvere i rischi dell'esistenza. Durante la gravidanza la donna deve osservare un preciso codice di comportamento, che indica in primo luogo le occasioni da evitare, riassunte in una serie di prescrizioni che costituiscono una sorta di rete protettiva: il rispetto delle norme preserva dalle insidie della cattiva sorte e dalle invidie umane. Tali divieti si basano spesso su analogie: indossare una collana può provocare il soffocamento del bambino a causa del cordone ombelicale, cosi' come passare sotto la cavezza di una bestia o sopra una fune.

Per ottenere protezione nel parto e nelle malattie dell'infanzia si ricorre anche a pratiche devozionali verso figure religiose, la cui storia contenga elementi di raccordo con la fecondità. L'intervento di Sant'Anna, madre di Maria in vecchiaia, è richiesto per il buon esito dei parti, in particolare di quelli in età avanzata. Santa Marta, che sconfisse un dragone, allontana i serpenti dalle culle e dal petto delle nutrici addormentate. Sant'Apollonia favorisce la regolare dentizione dei bambini e protegge dalle malattie della bocca. San Donato guarisce l'epilessia, San Biagio i mali della gola. Contro i disturbi del seno interviene San Mamante, al quale la leggenda attribuisce una straordinaria lactatio per nutrire un bimbo abbandonato dalla madre. Sant'Agata, che subì il martirio del taglio delle mammelle, scongiura l'ipogalattia e le mastiti. In Toscana, terra ricca di luoghi collegati ad antichi culti di fertilità, vi sono sorgenti dedicate alla santa, alle madonne del latte e ad altre figure protettive. La forza di tale ideologia tradizionale è ben rappresentata, a livello colto, dalla Madonna del Parto di Piero della Francesca: attraverso quest'opera l'artista esprime la cultura religiosa della sua terra, fortemente segnata da caratteri arcaici di fecondità.

Passando dalle fasi che precedono l'entrata dell'individuo nel mondo, giungiamo all'infanzia, considerata attraverso gli oggetti collegati al corpo, all'apprendimento, al gioco: culle, seggioloni, girelli, abiti e fasce con frasi d'augurio, giocattoli che riproducono l'ambiente naturale, domestico e lavorativo, giochi di destrezza e di lancio, oggetti sonori usati per attività ludiche e in occasioni rituali. Per essere integrato nella comunità, il bambino deve sottoporsi a una doppia educazione, corporale e sociale. L'educazione corporale inizia con le culle per il sonno, con i sostegni per il controllo dei movimenti, per l'apprendimento della posizione eretta e dell'equilibrio, con gli utensili per l'alimentazione.

Alcune culle provenienti da diverse regioni italiane testimoniano in parte la più vasta collezione museografica. Le forme tradizionali di culla sono due: la naca appesa al soffitto in Sicilia e in alcune zone dell'Italia meridionale, la culla a dondolo nelle altre regioni. Molte culle a dondolo recano scolpiti simboli religiosi protettivi o motivi geometrici e floreali, come è possibile vedere negli esemplari altoatesini in legno dipinto. Le culle toscane presentano un archetto, che ha la funzione di tenere sollevato il velo per proteggere il neonato dagli insetti. In tela è la naca siciliana, in vimini quella lucana; la culla laziale è in legno di castagno, la culla sarda è in sughero. Nel settore dedicato all'abbigliamento infantile si trovano esempi di vesti per neonati e di fasce in lino e cotone, alcune ricamate con scritte augurali. L'usanza di fasciare il corpo dei neonati ha lo scopo di mantenere dritte le membra, di impedire ai bambini di graffiarsi e di preservarli dal freddo.

Risalta, nel percorso espositivo, una interessante collezioni di animali in legno, propri della tradizione alpigiana, che riproducono cavalli, gatti, martore, galli, stambecchi e buoi. Questi ultimi, definiti cornailles in valdostano, caratterizzati dalla lunghezza delle corna, esprimono il valore propiziatorio di questo elemento, tipico dell'iconografia zoomorfa dei paesi d'alta montagna. Provengono dalla Sicilia alcuni carretti in legno policromo, di fattura artigianale, venduti nelle fiere che si svolgono in occasione della festa dei morti. Altri esempi di giocattoli che riproducono animali e oggetti sono rappresentati da cavallucci di cartapesta poggiati su rotelline (Campania); da salottini di giunco e utensili in terracotta, come pignatte, tegami, scaldini, brocche, bocccali etc. (Lazio).

Un posto centrale nell'ambito dell'attività infantile, in particolare femminile, è occupato da un giocattolo condiviso da tutte le culture: la bambola. Oltre le valenze magiche e rituali spesso assunte da questo oggetto, ricordiamo qui come il suo uso abbia una doppia funzione, ludica ed educativa. Imitando la realtà, ci si prepara ai doveri familiari futuri, che, nell'infanzia folklorica, spesso vengono affidati alle bambine nella cura dei fratelli più piccoli. La trottola è un altro oggetto caratteristico del gioco d'ogni epoca e società. Gli esemplari esposti, provenienti dalla Sicilia e dall'Abruzzo, sono piccoli coni di legno, con un ferro piramidale in cima: la parte superiore ha l'aspetto di una cupola, quella inferiore è affusolata. Intorno al ferro viene avvolta una cordicella che, sfilandosi dalle mani del giocatore, provoca il movimento rotatorio dell'oggetto.

I primi anni di vita sono accompagnati dal canto di ninne nanne, i cui testi presentano spesso invocazioni ai santi e alla Madonna, secondo le devozioni locali, affinché favoriscano il sonno. Le ninne nanne, eseguite con una vocalità ridotta, sono caratterizzate da elementi motori, ritmici e sonori basati sulla semplicità e sull'iterazione.

L'educazione sociale inizia con l'imitazione del comportamento e delle attività lavorative dei genitori, della madre per le femmine, del padre per i maschi. La partecipazione alle classi d'età, alle occasioni festive e alla scuola, come luogo del primo contatto con il mondo esterno alla famiglia, favorisce nel bambino l'acquisizione del senso di appartenenza alla comunità.

Il gioco occupa un ruolo centrale nell'apprendimento della realtà e delle regole sociali, in particolare se si considerano quei giochi senza giocattoli che caratterizzano la cultura tradizionale, e che rappresentano uno dei più importanti elementi di differenziazione tra il mondo folklorico e la società contemporanea. Si possono definire "giochi senza giocattoli" quelle attività motorie e vocali nelle quali il primo strumento ludico è il corpo, e altri eventuali mezzi sono tratti dall'ambiente circostante. Ripetizione di gesti e di parole che implica destrezza fisica e memoria, adattamento agli spazi, creatività nella rielaborazione dei materiali disponibili: sono questi i tratti distintivi dell'attività ludica tradizionale.

Il ciclo di trasmissioni "Panorami etnologici e folcloristici" fu una delle manifestazioni più significative dell'interesse della radio italiana per la cultura e le tradizioni popolari nel primo decennio del dopoguerra. Dovuto all'intelligenza e alla cultura del grande etnologo, antropologo e storico delle religioni Ernesto De Martino, al quale ne venne affidata la direzione e che realizzò personalmente quattro capitoli, esso venne messo in onda dal Terzo Programma radiofonico a cominciare dal 5 aprile 1954. "Il gusto del primitivo e del popolare", avverte lo stesso De Martino sul Radiocorriere nell'articolo di presentazione "ha senza dubbio influenzato in modo immediato certe correnti artistiche e letterarie e persino certi aspetti del costume e della ideologia del mondo moderno, ma non direi che, in generale, questo gusto vada incoraggiato, almeno nella misura in cui esso alimenta una sorta di evasione dall'ordine e dalla razionalità della civiltà. Tuttavia proprio questi pericoli rendono necessaria una più larga e serena comprensione del primitivo e del popolare, e a questo criterio ho voluto attenermi nella direzione del ciclo, ripudiando decisamente il terreno del pittoresco e del variamente romantico . . . Il primo gruppo [di trasmissioni], essenzialmente etnografico e ideologico, concerne le manifestazioni culturali relative ai più importanti momenti critici dell'esistenza: la nascita, l'infanzia, l'amore, le nozze, la fatica, la guerra e la morte". Coerentemente a questa impostazione metodologica, De Martino analizza nella prima trasmissione affidata alla sua cura la fase iniziale che caratterizza la condizione umana così come vissuta dalla cultura tradizionale popolare: la nascita e i giochi infantili.
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Note di etnobotanica

Fiori ed alberi, piante ed erbe sono indissolubilmente legati al cammino dell'uomo attraverso i secoli ed alle sue varie civiltà, dal legno utilizzato non solo per riscaldarsi e illuminare la notte, ma anche per costruire attrezzi da lavoro e ricoveri, a fiori ed erbe di feste e cerimonie, ma anche di unguenti, decotti e impiastri curativi, con formule spesso antiche eppure a volte ancora straordinariamente attuali.

Tra le piante a cui si attribuiscono poteri magici vi è il noce (Juglans regia), il cui nome latino significa ghianda di Giove, dunque già consacrato nell'antichità ad un dio pagano. Successivamente nella fantasia popolare è diventata pianta delle streghe, forse per la demonizzazione dell'antico culto. Si dice infatti che porti male dormire sotto un noce. Per la sua valenza magica la pianta è utilizzata anche per avere auspici sul futuro. Il famoso liquore Nocino si prepara con noci raccolte la notte di S.Giovanni Battista o il giorno della festa (innestata su presistenti riti pagani del solstizio estivo). Altre piante considerate magiche erano la ruta, il sambuco, l'aglio, alcune orchidee.

Varie erbe erano considerate scacciaguai, cioè si riteneva allontanassero le disgrazie. Tra queste: l'iperico o scacciadiavoli (Hypericum perforatum). Contro il malocchio si adoperavano piante collegate in qualche modo ad usi rituali (olivo, grano) o dotate di appendici spinose, per la "magia delle punte" (es. rovo, pruno selvatico ecc.) o provviste per lo stesso motivo di parti florali imitanti cornetti, ad es. speroni, come varie specie di Stachys (tra cui la Stachys officinalis, la famosa betonica del Medio Evo detta anche antistregona nelle Marche), la fanciullaccia (Nigella damascena) e la speronella consolida (Consolida regalis).

Secondo usanze radicate da millenni alcune cure empiriche di malattie avvenivano per analogia. Così, in caso di itterizia, malattia che causa un ingiallimento della pelle, si urinava sopra una pianta di verbasco, dai fiori gialli, dello stesso colore della pelle dell'ammalato, per trasmettere il male alla pianta. Alle donne incinte si usava far odorare la matricale (Tanacetum parthenium) oppure la si faceva mangiare dopo il parto o la si poneva nelle stanze delle partorienti.

Con alcune piante sono preparati rudimentali falò rituali in occasioni di feste particolari. Si ritiene tuttora che alcune pratiche agricole vadano svolte quando la luna è in fase calante. Secondo gli informatori se alcune piantagioni orticole (sedano, insalate, cavolfiori ecc.) non sono effettuate con tali indicazioni, le piante crescono molto in altezza sviluppando assai stelo e fiore e non sono più adatte alla raccolta. A luna calante si dovrebbero eseguire anche il taglio della legna - in particolare di quella da costruzione -, il travaso del vino nuovo, la raccolta di frutti e ortaggi (pena il rovinarsi di una parte del raccolto), e anche le potature.

Si ricorda che, in caso di ferite da taglio, si applicavano sulla pelle, un po' in tutta l'Italia, foglie di piantaggine o di rovo; sulle Alpi le oleoresine di alcune conifere; su quelle Nord-Orientali la scorza di larice (Larix decidua), colta a primavera, mentre in Italia centrale la scorza di olmo (Ulmus minor). In Val Tramontina (Pordenone) si ponevano sui tagli scaglie di bulbi di aglio e conidi di muffe (pennicilli) cresciuti sulla polenta ammuffita: da questi ultimi, negli anni '30 del Novecento, è stato ricavato l'antibiotico pennicillina! Un uso tradizionale per le scottature, già citato dall'antico Dioscoride e dimenticato nei secoli dalla medicina "colta", ma rimasto invece vivo nella memoria popolare, è quello della pomata preparata con midollo di sambuco, cera vergine e olio.

Le foglie di molte piante aromatiche e i bulbi di aglio e cipolla, per il contenuto di olii essenziali, sono tuttora considerati rimedi antiinfiammatori, da strofinare sulla pelle in caso di punture di insetti. La cipolla è conosciuta comunemente come diuretico, ma l'uso del decotto contro la tosse è di stampo popolaresco. Contro la pressione alta è assai diffuso, non solo in Italia, ma anche in vari paesi dell'Europa mediterranea, l'uso di tisane a base di foglie di olivo. Nel dolore di denti era uso comune fare ricorso a impiastri di malva (Malva sylvestris). In caso di febbre si bevevano decotti in acqua o vino (vin brulé) di fiori di tiglio, sambuco, camomilla, o anche (Italia centro-meridionale) decotti mucillaginosi di mele, fichi secchi, carrube, farfara ecc. Nelle affezioni dell'apparato digerente si adoperano specie digestive e rinfrescanti: malva, cicoria, borragine, gramigna, ortica.

Pianta di Ruta d'Aleppo

Nell'Abruzzo teramano la donna incinta mangiava tre o nove cime di ruta (Ruta graveolens), per immunizzarsi dai malefìci. La pianta, che a certe dosi è velenosa e provoca l'aborto, ma è anche utile contro i vermi intestinali, ed è tuttavia dall'odore assai sgradevole, era considerata una sorta di vaccino vegetale. Una sostanza che contiene, denominata rutina, è attiva contro la fragilità dei vasi capillari. Dopo la nascita il bambino era in passato, in molte regioni, immerso in un bagno a base di erbe (es. il rosmarino) a cui era attribuito il potere di irrobustirlo. Nelle Cinque Terre (Liguria) e in Versilia (Toscana) la biancheria in cui erano avvolti i neonati era esposta al fumo aromatico e antisettico dell'elicriso (Helichrysum italicum). Il decotto delle cime fiorite della stessa pianta era usato come tonificante per i bambini che cominciavano a camminare (Versilia).

Un particolare uso abruzzese relativo ai rituali di fidanzamento riguarda il maggiociondolo (Cytisus laburnum), un albero dai fiori giallo-dorati. Fino agli inizi del Novecento i giovani contadini, nella notte delle calende di maggio, ne piantavano un ramo vicino alla porta delle ragazze di cui erano innamorati. Se il mattino seguente la ragazza accettava il ramo ponendolo sulla finestra, era segno che l'amore era corrisposto. Dal nome popolare della pianta e dal periodo primaverile derivava poi il nome delle nozze, dette per l'appunto majume.

La caratteristica usanza dei fiori di arancio (Citrus aurantium) nell'abbigliamento delle spose deriva da una tradizione araba. All'epoca delle Crociate i cavalieri cristiani, rientrando in patria, diffusero l'usanza di donare nel giorno delle nozze, alla sposa, i fiori d'arancio. Questi erano considerati simbolo di fecondità dai Saraceni, in quanto danno luogo nell'albero a una ricca produzione di frutti. A Villa Potenza (Macerata) chiunque si recasse ad onorare un defunto giacente sul letto di morte, prendeva due ramoscelli di olivo benedetto, legati a croce, li immergeva in acqua benedetta e ne spruzzava il corpo del defunto, recitando una preghiera rituale.

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Feste calendariali

L'istituto della festa, nella sua caratteristica di evento di rottura del tempo quotidiano segue la scadenza ciclica delle ricorrenze calendariali.

La festa nota a tutti e particolarmente sentita per la sua importanza è il Natale, la grande festa cristiana che annualmente rinnova la rinascita del bambino divino. Al Natale è collegato il presepe, una forma di rappresentazione sacra figurata la cui origine si fa risalire storicamente alla rappresentazione vivente della natività, ideata da San Francesco nel 1233 a Greccio. Al di là della possibile origine storica, il presepe ha mantenuto un'importante funzione, a differenza di altre tradizioni natalizie che, nel tempo, sono decadute. Il presepe, infatti, sia in forma di rappresentazione vivente, sia come allestimento plastico con figure artistiche o popolari, è l'espressione simbolica più significativa di un mito di fondazione del mondo, con l'avvento della nascita della figura centrale del fanciullo divino. L'elemento "sacro" si fonde in modo dinamico con elementi profani, attraverso la raffigurazione di scene di vita quotidiana, che convergono verso il centro e la grotta sacra.

Il ciclo delle feste natalizie si chiude con il Capodanno, che, come il Natale, "rigenera" il mondo nella notte di San Silvestro a cui farà seguito l'Epifania, festa della manifestazione di Dio al mondo e dell'arrivo dei Magi con i loro doni (nella tradizione popolare i doni venivano portati dalla Befana). Nel Capodanno il mondo si rinnova periodicamente entrando nel caos e nel disordine, per poi ricomporsi nel nuovo anno che viene rifondato.

Il Carnevale è una delle feste più sentite nella tradizione popolare, in esso convergono più elementi caratteristici: il mascheramento come rappresentazione dell'alterità che si esprime con l'insorgere del mondo dei morti, attraverso le maschere, nel mondo dei vivi (irruzione del caos nel mondo); la rappresentazione del mondo alla rovescia, come espressione dell'inversione dei ruoli ordinari di potere (un esempio noto può essere rappresentato dall'asino che cavalca il padrone); rottura della quotidianità e trasgressione delle regole del vivere quotidiano con l'adozione di comportamenti licenziosi e eccessi alimentari; la rappresentazione del conflitto tra il bene e il male e con la sua sconfitta e esorcizzazione. Come il Capodanno anche il Carnevale è una festa di propiziazione per la fertilità del suolo e di rigenerazione per molti secoli principale festa di fine anno in cui ricomparivano sulla terra gli esseri del mondo infero, cioè i demoni (responsabili del disordine ma anche del nuovo ordine che ne deriverà). Il rituale del funerale del carnevale e il rogo del fantoccio che lo rappresenta (il grosso fantoccio che dopo una parodia di trasporto funebre viene bruciato o annegato o comunque distrutto) è dunque un rito di eliminazione del male ma anche di propiziazione di fertilità e abbondanza e simbolizza la fine del caos carnevalesco e l'entrata nel periodo quaresimale. Significativa l'usanza, presente in alcune località, di rappresentare in occasione del Carnevale, il Corteo dei Mesi.

Nel Museo sono conservate le maschere del Corteo dei mesi di San Sosti, già utilizzate nella rappresentazione, avvenuta nel paese calabrese in provincia di Cosenza e terminata alla fine dell'Ottocento. In occasione della Mostra del 1911 il raccoglitore De Giacomo, collaboratore del Loria per la Calabria, ha potuto ricostruire le dodici maschere - con l'aggiunta della moglie d'Aprile e del Capodanno - seguendo le indicazioni delle persone, che avevano assistito a tale corteo. I personaggi, mascherati da mesi, portano oggetti allusivi ad essi, in particolare le primizie e gli strumenti agricoli in uso in un determinato periodo dell'anno, recitando versi in dialetto, che descrivono in modo vivace e ironico le diverse caratteristiche climatiche. Questo rituale, ricollegabile agli antichi culti agrari, rappresenta il passaggio ciclico del tempo proprio del mondo contadino, con caratteri di spaesamento e di mascheramento tipici del mutevole, ricomposti nei ritmi temporali e naturali.

Al Carnevale succede il periodo della Quaresima, che inizia il giorno del mercoledì delle ceneri e dura quaranta giorni fino alla Domenica delle Palme. I comportamenti quaresimali, soprattutto nel mondo tradizionale, sono opposti a quelli carnevaleschi: digiuno, astinenza e atteggiamento penitenziale. Nel Museo la Quaresima è documentata dalle bambole di Quaresima, che sono rappresentate da una vecchia, che fila la lana ed ha ai piedi un'arancia o una palla di stoffa, dove sono inserite tante piume quante sono le settimane della quaresima, che vengono tolte di volta in volta.

La Settimana Santa costituisce un momento cruciale del senso religioso festivo, inizia con la Domenica delle Palme, seguita con l'allestimento dei Sepolcri il Giovedì Santo, le processioni del Cristo morto del Venerdì Santo, fino ad arrivare al lunedì di Pasqua compreso. I rituali pasquali, che celebrano la morte e la rinascita di Cristo, cadono nel periodo primaverile e ripropongono alcuni aspetti di una religiosità arcaica pre-cristiana che è ricca di simbologie propiziatorie collegate alla morte-rinascita della terra.

La Pasqua celebra il lutto per la morte del Cristo con l'allestimento dei sepolcri di grano bianco nelle chiese e con le processioni del Venerdì Santo. In alcune località vengono portate in processione le statue del Cristo morto e la Madonna addolorata, in altre viene rappresentata la Via Crucis con i personaggi che impersonano il Cristo in croce seguito dai soldati romani, in altre sfilano in processione i Misteri, spettacoli toccanti e altamente drammatici, vere e proprie rappresentazioni sacre, le forme rituali della settimana santa appartengono alla tradizione del dramma sacro che esprime la partecipazione popolare alla liturgia e al sentimento religioso per la passione del Cristo. Simboli naturali come le palme o l'uovo, di origine pagana, integrati nella liturgia cristiana, sono esposti nelle vetrine accanto a oggetti, croci e simboli, della Passione.

Nel periodo primaverile alcuni rituali, spesso in corrispondenza con ricorrenze religiose come l'Ascensione o la Pentecoste, rinnovano significati propiziatori. Mentre nella società contadina questi rituali avevano la funzione di ringraziare la terra per i suoi prodotti e favorire simbolicamente la fertilità, al giorno d'oggi tendono a rinnovare l'identità culturale delle comunità che li attua. Emblematica in tal senso la festa del Maggio di Accettura in Basilicata, che si svolge in occasione della Pentecoste e nel corso della quale si innesta una cima di un albero sul tronco di un altro albero, chiamato il Maggio, celebrandone il matrimonio.

Anche il periodo estivo è ricco di feste in onore dei santi o della Madonna. Sono importanti le celebrazioni dell'Assunta, che si svolgono il 15 Agosto in molte località italiane. La più nota è quella del Palio di Siena, che mobilita l'intera città e dimostra come una tradizione antica possa mantenere una grande vitalità soprattutto quando viene identificata con la cultura della comunità che la celebra. Il giorno dell'Assunzione in alcune località del centro Italia si usa il rito della 'affruntata', che consiste nel portare in processione la statua dell'Assunta e del Cristo, facendoli incontrare e inchinare ad un certo punto del percorso.

In autunno la festa più rappresentativa nella tradizione popolare è la Festa dei morti, che segue la Festa di tutti i Santi, la contiguità tra le due festività esprime bene la relazione tra i santi e i morti, essendo i primi morti in santità e per questo ricordati nella storia dela chiesa e nella fede del popolo. Il giorno dei morti ci si reca nei cimiteri per offrire fiori e pregare sulle tombe dei propri cari. Un tempo era assai diffusa la pratica del pianto funebre, una lamentazione in versi ripetitivi che esprime ritualmente il dolore per la scomparsa della persona e ne rinnova il ricordo. La Festa dei morti in Sicilia è collegata all'infanzia. A Palermo il 2 novembre ha luogo una grande fiera di giocattoli, la mattina della ricorrenza i bambini ricevono dolci e doni portati, secondo la tradizione, dai parenti morti.

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Il presepe

Spetta all'etnologo Lamberto Loria il merito di aver raccolto in occasione della Mostra di Etnografia, tenutasi a Roma in Piazza d'Armi nell'ambito dell'Esposizione Internazionale del 1911, la collezione di figure presepiali delle varie regioni italiane oggi conservate nel Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari a Roma. Si tratta di oltre mille "pupazzi" che offrono un contributo fondamentale alla comprensione di quell'interessante e poliedrico fenomeno storico-antropologico rappresentato dal presepe. Nei vari personaggi presepiali, infatti, rivive la varietà degli usi e costumi, mondi e valori tipicamente popolari con cui il Loria intendeva sintetizzare la multiforme realtà italiana. Tra i presepi un posto a parte occupano le straordinarie figure napoletane del settecento e dell'ottocento, una preziosa raccolta che permetteva di "rappresentare" tutte le tematiche ispirate ai Vangeli, dall'Annunciazione alla Vergine alla Natività sino alla Fuga in Egitto, celebrando il grande evento del "mistero", spettacolo sacro e profano al tempo stesso. A Napoli l'età d'oro del presepe che, nato nelle chiese, presto si era trasferito nelle abitazioni, coincise con l'arrivo nella città nel 1734 a Napoli di Carlo III di Borbone che si dedicava personalmente alla preparazione dei fondali e della scenografia in cui si svolgeva la Natività, impartendo ordini sulla disposizione dei gruppi e dei personaggi. Nobili e borghesi ne seguirono l'esempio, allestendo nelle proprie residenze apparati scenografici quasi teatrali, nella ipotetica speranza di una visita del sovrano sempre curioso di osservare le risoluzioni plastiche e scultoree più interessanti. Arte italiana per eccellenza, il presepe "paradiso dei contrasti" coniuga sapientemente meraviglia e spettacolo, storia religiosa e pagana al tempo stesso, e registra, oggi, una nuova fortuna grazie al lavoro dei molti artigiani napoletani che espongono nelle bancarelle di San Gregorio Armeno un'incredibile varietà di figure riflesso di quell'immaginario devoto, tipicamente italiano, che resiste, ancor oggi, nell'era della globalizzazione. Il presepe nella sua complessa storia di scenografie, colori, luci e sculture dimostra la sua perenne vitalità e testimonia, ancora una volta, il grande patrimonio costituito dalla tradizione perpetrata grazie all'opera svolta dai figurari, architetti, scenografi, pittori che ne giustificano il successo e la grande diffusione.

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Feste dei fiori

Fin dall'antichità le feste del risveglio della natura, le feste della primavera, sono state oggetto di appositi riti. La tradizione delle feste del maggio Calendimaggio, vive per tutto il Medioevo e Rinascimento, fino ai nostri giorni. Fino agli inizi di questo secolo, nella notte delle calende di maggio i giovani piantavano vere selve di alberi fioriti davanti alla casa delle ragazze in età da marito, intendendo così dichiararsi pubblicamente.

In queste particolari feste della primavera spesso erano portati bastoni fioriti in processione, come si riscontra ancora ad Agosta (Roma). Tali bastoni, modificati nel tempo, hanno dato origine, secondo alcuni studiosi, ai gigli di Nola, macchine processionali realizzate per la festa di S. Paolino a Nola (Campania), e di cui si conservano nel Museo diversi esemplari; o anche ai pugnaloni di Acquapendente, arazzi floreali composti su tavole di legno per la festa di mezzo maggio, derivanti dai pungoli ornati di fiori.

Le infiorate sono artistici tappeti di fiori e foglie realizzati ad ornamento di vie di paesi del mondo cattolico, in occasione di varie feste religiose, prima fra tutte quella del Corpus Domini istituita da Urbano IV nel 1264 per commemorare il miracolo del Corporale di Bolsena. Tali opere, realizzate per devozione come tappeto-guida per il passaggio di una processione religiosa con il SS. Sacramento, si richiamano all'ingresso di Gesù a Gerusalemme, al passaggio del quale il popolo in festa stese a terra fronde e mantelli.

Sembra che le prime Infiorate artistiche siano state allestite in Vaticano nel secolo XVII, mentre la famosa tradizione dell'Infiorata di Genzano (Roma) risale alla fine del 1700, all'incirca contemporanea di quella di un altro paese della stessa provincia, Gerano. Tuttora, nella festività nominata, nastri floreali (lunghi fino a 2 km) sono allestiti con erbe e fiori a Spello (Umbria), a Bolsena (Lazio) e in molti piccoli e grandi paesi.

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Macchine processionali

Nel corso delle processioni religiose di alcune Madonne o Santi patroni vi è l'usanza di trasportare grandi macchine, costruite in genere in legno e cartapesta, per testimoniare la devozione, della comunità per il Santo patrono. La costruzione delle macchine è molto complessa, dura nel tempo con l'intervento di esperti artigiani. Per trasportare queste macchine è necessario l'uso di molti uomini oppure di animali essendo ardua l'impresa, considerando il peso e le dimensioni dei carri. Una complessa organizzazione sociale ruota intorno alla realizzazione delle macchine e al loro trasporto nella ritualità della festa, che diviene, grazie a questa tradizione suggestiva e spettacolare.

Il Museo possiede ed espone nella sala alcuni importanti modelli delle più significative macchine processionali per la tradizione di religiosità popolare in Italia, che sono state costruite da artigiani locali su richiesta di Francesco Polese, il raccoglitore che collaborava con Loria per la mostra del 1911. Ricordiamo il modello del Carro religioso di Seminara. Il carro veniva portato in processione il giorno della festa della Madonna dei Poveri di Seminara (Reggio Calabria). Già ai tempi della realizzazione del modello questa tradizione non era più in uso nonostante la Madonna dei Poveri, rappresentata da una statua di Madonna nera bizantina, sia un'immagine molto venerata e la festa sia celebrata ancora oggi.

Un altro modello di carro esposto è il Carro della Madonna della Bruna di Matera, la cui festa si celebra il 2 luglio. Il corteo con il carro trainato da buoi arriva sulla piazza della Cattedrale dove la statua della Madonna viene tolta per essere rimessa nella chiesa, nel contempo la folla si getta sul carro con veemenza per smontarlo fino a lasciare in piedi solo l'ossatura, simbolica appropriazione, da parte della comunità, dei suoi pezzi sparsi.

Il modello del Carro di S. Rosalia, come l'originale, è a forma di nave. Nel corso della festa il carro su cui si erge la statua della Santa, viene trasportato da numerosi buoi. La festa si celebra l'11 gennaio, il 4 settembre e il 15 luglio, data del ritrovamento delle reliquie sul monte Pellegrino (Palermo). Il Cocchio di S. Efisio è il modello a forma di carro trasportato in processione il giorno della festa del Santo, patrono di Cagliari, che per tradizione era un ufficiale di Diocleziano che venne decapitato perché cristiano. La festa che si svolge ancora oggi e vede sfilare dietro il carro gruppi locali in costume tradizionale, trae origine da un voto che la municipalità di Cagliari fece solennemente durante la peste. Cessato il contagio, in memoria di quella devozione, ogni anno un corteo scorta la statua del Santo da Cagliari fino alla città punico-romana di Nora dove avvenne il martirio di S. Efisio. Il Modello del Cero di S. Agata sta a documentare la festa della Santa, che si celebra a Catania il 3 febbraio, il Cero viene portato in processione il giorno della festa dagli appartenenti alla corporazione dei 'Rinoti', coltivatori di pomodori e di meloni. I Candelieri di Nulvi sono costruiti con una struttura in canna e cartapesta, venivano portati in processione a Nulvi in Sardegna il giorno dell'Assunzione come ringraziamento per la fine della pestilenza del 1600.

Il modello della Torre di S. Rosa documenta la festa della patrona di Viterbo, che si celebra nella città il 3 settembre: sessantadue facchini trasportano l'enorme macchina processionale a forma di torre e con forti elementi gotici (in origine era alta 19 metri, del peso di 50 quintali), l'usanza ricorda l'intercessione della Santa per far terminare il flagello della peste del seicento.

Sono inoltre esposti i Gigli di Nola e i Ceri di Gubbio, affini per la forma che si estende in verticale, per il tipo di devozione che proviene dall'offerta del cero al Santo e per il carattere competitivo della manifestazione. I Gigli sono caratteristici di Nola, in questa cittadina campana, in occasione della festa di San Paolino, patrono del paese, vengono costruiti otto Gigli, che corrispondono alle rispettive corporazioni di mestiere. La festa si celebra il 21 e il 22 giugno e i Gigli vengono portati in processione, trasportati da una ventina di uomini, sulla base del Giglio prendono posto piccoli gruppi musicali, che intonano ritmi tradizionali, mentre i portatori, affaticati, si muovono seguendo il suono. Tutti i Gigli vengono portati nella grande piazza della città dove vi è anche la Barca di San Paolino, la presenza della barca è dovuta al mito di fondazione della festa che racconta il miracolo di San Paolino che riportò sani e salvi i concittadini di Nola dalla prigionia in medio oriente.

La Corsa dei Ceri si svolge a Gubbio (15 maggio) in onore di S. Ubaldo vescovo di Gubbio, che nell'assedio del 1154 incitò, spingendo alla vittoria, i suoi concittadini contro l'assalto dei Comuni vicini. I tre ceri rappresentano la devozione per questo Santo (protettore dei muratori), S. Giorgio (protettore dei merciai) assieme a quello per S. Antonio Abate (protettore degli asinai e mulattieri), visibili in cima, patroni delle tre arti o corporazioni deputate a provvedere all'offerta che in origine consisteva in un grande cero o in grosse torce (facolotti). I Ceri sono costruzioni di legno alte fino a cinque metri e vengono portati su una 'barella' in una corsa per le vie della cittadina dai ceraioli.

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Santuario di Loreto

Il Santuario di Loreto accoglie la più importante reliquia della vita terrena della Vergine, in quanto in esso si venera la Santa Casa, il luogo dove la Madonna visse e ricevette l'annuncio dall'Arcangelo Gabriele. Secondo la tradizione, la traslazione della Santa Casa sarebbe avvenuta nel 1291, dapprima da Nazareth in Istria, poi, tre anni più tardi, in un bosco di lauri nelle vicinanze di Recanati ed infine sul colle dove si trova attualmente.

La festa liturgica della Traslazione, fissata al 10 dicembre dalla fine del Cinquecento, ha subito nel tempo revisioni e conferme da parte delle autorità ecclesiastiche, ma la devozione popolare ha continuato a ricordare la "venuta" con processioni e manifestazioni come i caratteristici focaracci, che nella notte della vigilia della festa illuminano il passaggio della Madonna e della sua Casa.

Il Museo nel 1986 ha acquisito il modello del Santuario, un manufatto polimaterico realizzato intorno al 1862. Il modello in legno, cartapesta, carta ritagliata e incollata, elementi metallici lavorati anche in filigrana, fu realizzato da un artigiano maceratese che si autodefinisce "ignaro dell'arte del disegno". Esso presenta molte analogie con l'originale, specialmente nella facciata del Santuario in cui sono raffigurati i due orologi, il primo col quadrante di sei ore papali (italiano) ed il secondo di dodici (astronomico), e nel campanile sotto il quale si legge: "Conforme al campanile della Santa Casa". All'interno, sulle pareti laterali si aprono le cappelle sulle quali sono incollate le immagini della vita di Gesù (Battesimo, Ecce Homo, Crocifissione, ecc.); su quella centrale della parete sinistra è raffigurata in miniatura la Madonna di Loreto, realizzata con elementi metallici di colore argenteo. Aprendo l'abside si nota l'indicazione del numero dei coppi utilizzati (2624), il che farebbe supporre una funzione devozionale. Infatti un tempo non esisteva centro nelle Marche, e in altre regioni, che non conservasse un gruppo scultoreo per lo più in legno, che rappresentava la Santa Casa in forma di chiesetta, sormontata dalla Vergine col Bambino, chiamata in provincia di Ascoli Piceno e di Macerata Madonna de li cuppitti, dal rivestimento in coppi del tetto.

Il pellegrinaggio a Loreto prevedeva, tra le manifestazioni rituali, il tatuaggio, pratica in uso fino alla prima metà del Novecento e che impiegava appositi stampi con cui il disegno veniva riprodotto sul corpo, che i fedeli si facevano incidere a testimonianza indelebile dell'avvenuto pellegrinaggio. Gli stampi più antichi, conservati nell'Archivio Loretano, si possono far risalire al pontificato di Sisto V (1585-90).

Più di 200 di tali stampi in legno di bosso furono raccolti per l'Esposizione del 1911. Oltre all'immagine della Madonna di Loreto, sono raffigurati simboli della Passione e simboli cristologici (il pesce, la barca, l'ancora, la colomba), il Crocifisso di Sirolo e incise alcune frasi come "Dio mi vede", "Iddio mi ha da giudicare", "Maria Santissima aiutami tu". Non mancano simboli profani come due cuori uniti, con una croce. Gli operatori dei tatuaggi erano abitualmente calzolai che avevano sul banco di lavoro l'attrezzatura per praticare questa operazione, richiamando a gran voce i fedeli con il rumore delle tavolette legate da una cordicella. Erano comunque quattro o cinque le famiglie che si tramandavano l'arte e gli strumenti da secoli, fino a quando, nel 1871, il Consiglio Comunale di Loreto proibì la pratica del tatuaggio che per qualche tempo fu continuata clandestinamente.

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Ex voto

Legata al luogo di culto è la produzione di ex voto dipinti: una pratica religiosa, quella di offrire quadri votivi, oggetti d'argento o di cera (mani, gambe, braccia, organi interni, occhi), che si afferma a partire dalla meta del XV secolo e vede la massima diffusione nell'Ottocento, ma che risale ad una tradizione millenaria: dall'Oriente antico, alla Grecia, all'antica Roma e tuttora in uso. Il Museo possiede un centinaio circa di ex-voto pittorici Provengono da varie località italiana e abbracciano un arco di tempo che va dalla seconda metà del XVIII secolo ai nostri giorni.
L'ex-voto è il pegno dell'alleanza con Dio. I suoi contenuti riguardano soprattutto il superamento delle malattie e visualizzano quelle che nella comunità ricorrevano più spesso, sia per gli uomini sia per gli animali, a testimonianza dell'efficacia della entità alla quale era rivolta la richiesta.

Gli schemi iconografici degli ex-voto pittorici sono generalmente ripetitivi ed il loro realismo rappresentativo permette una immediata leggibilità e comprensione. Le scene sono quelle di malattie e di altri incidenti (cadute di vario genere, infortuni sul lavoro, risse, naufragi, incendi, operazioni chirurgiche, malattie, ecc.), inquadrate in ambienti rarefatti ed essenziali, talvolta arricchite da elementi e personaggi di contorno che gravitano sulla figura del graziato e sull'immagine della divinità. Grande rilevanza ha l'organizzazione dello spazio all'interno del quadro, con lo spazio divino sempre separato da quello umano e posto nella zona superiore del dipinto. A volte in esso sono presenti iscrizioni relative all'episodio descritto, come la data e il nome del miracolato, e anche: P.G.R. (per grazia ricevuta), V.F.G.A. (votum feci gratiam accepi).

L'esecuzione di questi dipinti veniva spesso affidata ad artisti specializzati in questo genere pittorico, che lavoravano in botteghe artigiane vicine ai luoghi di culto. Gli ex voto dipinti, che sono in genere di piccolo formato, sono realizzati su supporti di vario tipo, come legno, tela, carta, ceramica, vetro, lamiera. Varie sono le tecniche impiegate (olio, tempera, acquerello, collage).

Gli ex voto anatomici su lamina d'argento rappresentano una parte consistente dell'oreficeria popolare con finalità religioso-votiva: figure umane oranti, neonati in fasce, organi, arti o sezioni anatomiche, in sottile lamina d'argento o in metallo, povere offerte date in cambio di un intervento miracoloso che tuteli il bene più prezioso, la vita, oppure restituisca l'uso di organi come la vista, l'udito o di arti come le gambe, le mani e così via.

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Idiofoni

Gli idiofoni sono costituiti da crotali (elementi in materiale vario a percussione reciproca), da castagnette, da tabelle, martelletti (funzionanti a percussione), da raganelle e tràccole (funzionanti a raschiamento) da sonagli a scuotimento, realizzati in legno, cartone o latta e contenenti dei semi o piccoli frammenti di materiale vario.

Tabelle, martelletti, raganelle e tràccole venivano usati durante le cerimonie della Settimana Santa in sostituzione delle campane, legate in segno di lutto. Fa parte degli idiofoni anche lo scacciapensieri, strumento diffuso in passato in tutte le regioni italiane, costruito nelle botteghe dei fabbri o da i calderai zingari ambulanti, ma anche in Piemonte, in provincia di Vercelli, vi era un centro famoso di produzione industriale di scacciapensieri attivo dal XVII secolo a metà del XIX.

Testo tratto da: Roberta Tucci, La collezione degli strumenti musicali del Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari, Catalogo, in P. E. Simeoni, R. Tucci (a cura di), Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari. La collezione degli strumenti musicali, Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, 1991, pp. 49-378. Adattamento a cura della Redazione

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Membranofoni

I membranofoni comprendono essenzialmente tamburelli, tamburi a frizione e mirliton. Il tamburello è uno strumento musicale molto antico, originariamente connesso a occasioni rituali e prevalentemente femminile.

Particolarmente diffuso nel centro-sud, era usato per accompagnare, insieme ad altri strumenti, il ballo e/o la voce e veniva spesso costruito dallo stesso suonatore che utilizzava per la cornice un setaccio e per i piattini i recipienti di latta per conserve.

La pelle può essere decorata con figurine dipinte che riflettono una simbologia di carattere propiziatorio (la coppia circondata da rami fioriti, figurine femminile), o con scene di soggetto epico-cavalleresco come nel caso del tamburo raffigurante "la rotta di Roncisvalle".

Testo tratto da: Roberta Tucci, La collezione degli strumenti musicali del Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari, Catalogo, in P. E. Simeoni, R. Tucci (a cura di), Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari. La collezione degli strumenti musicali, Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, 1991, pp. 49-378. Adattamento a cura della Redazione

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Orario ICPI
Dal lunedi al venerdi
9.00-17.00
Metro Linea B (EUR Fermi) Bus 30 Express, 170, 671, 703, 707, 714, 762, 765, 791
Amministrazione
trasparente

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