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Articoli filtrati per data: Aprile 2014

Il primo Congresso di Etnografia Italiana

Per mantenere vivo l'interesse per la realizzazione del Museo di Etnografia, a conclusione dell'Esposizione, nell'ottobre del 1911, si svolse, promosso dalla Società di Etnografia Italiana, il primo Congresso di Etnografia Italiana, nella sede dell'Esposizione di Piazza d'Armi, poi alla Sapienza, dal 19 al 24 ottobre. Obiettivo dichiarato del Congresso: la promozione degli studi intorno agli usi ed ai costumi del popolo italiano e definizione di lineee metodologiche.
 

Come risulta dai verbali delle sedute del Congresso vennero analizzati i concetti di antropologia, etnologia e i rapporti dell'etnografia con le altre scienze, in particolare venne affrontato il concetto di folclore, considerato all'epoca, al pari della tecnologia e della archeologia preistorica, solo un capitolo dell'etnografia. Tema centrale del Congresso fu l'ordinamento del futuro Museo Nazionale di Etnografia Italiana e il suo ruolo sociale di conservazione e tutela delle attività tradizionali regionali.

A chiusura del Congresso, nell'ultimo fascicolo del Bullettino, organo ufficiale della Società degli Studi Etnografici, appare il saggio di Lamberto Loria per il costituendo Museo, in cui l'autore esprime in sintesi i principi cardine su cui baserà il programma espositivo. Consapevole del potere evocativo degli oggetti che non ricoprono alcun significato in sé ma esprimono una forte valenza solo se inseriti in una serie di associazioni con altri oggetti materiali o con idee e in considerazione dell'indubbia "efficacia dimostrativa dei manufatti", rispetto ad altre categorie di documenti, tale da non poter essere sostituita da alcuna descrizione, il Loria giunge a stabilire un'equazione tra manufatti e documenti popolari siano essi linguistici, trascrizioni di leggende o descrizioni di usanze "perché tutte queste varie categorie di documenti non differiscono tra loro sostanzialmente, bensì si integrano e a vicenda si illustrano."

Il programma di Loria, che assegnava al Museo un ruolo centrale, poneva l'accento da un lato sulle prospettive di comparazione universale dei fenomeni, dall'altro sottolineava l'importanza dello studio dell'etnografia nazionale come mezzo indispensabile per giungere alla comprensione della storia culturale della nazione nella sua totalità.

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Ringraziamenti

Il progetto sul patrimonio immateriale del Molise non sarebbe stato realizzabile senza il prezioso apporto delle comunità locali e di quanti hanno offerto i loro saperi, le loro competenze e il loro tempo. Considerata la quantità delle situazioni vissute nel corso della ricerca, non possiamo qui rappresentare la totalità dei contributi, la nostra gratitudine va comunque a tutti coloro che, sul territorio, hanno collaborato con generosa disponibilità e appassionato impegno.

Acquaviva Collecroce: Antonella D'Antuono, Giovanni Piccoli, Francesco Trolio, Pasqualino Sabella.
Acquaviva d'Isernia: Stefano Di Cristofaro, Maria Teresa Mancini, Lucia Petrocelli, i ragazzi della Focata d'Inverno.
Acquevive di Frosolone: la Famiglia Colantuono e Nicola Di Niro.
Agnone: Armando Marinelli, Pasquale Marinelli e gli artigiani della Pontificia Fonderia, Lavinia Melloni, la Pro Loco.
Bagnoli del Trigno: la rivista di cultura antropologica La Perla del Molise e Michela Mastrodonato con Sergio De Blasio, la compagnia di cultura popolare La Perla del Molise e Franco Mastrodonato.
Bojano: Michele Campanella, Egidio Carlo Colalilli, don Giovanni De Vito, Oreste Muccilli, Claudia Patricelli, Antonio Romano, Noemi Romano, Antonio Silvestri.
Campobasso: Cosmo Teberino, Giovanni Teberino, Liberato Teberino, l'associazione Misteri e Tradizioni, il Museo dei Misteri.
Capracotta: Sebastiano Di Rienzo, don Elio Venditti, il comitato festa Madonna di Loreto
Casacalenda: Pina La Porta, Caterina Ricciuti, Mariolina Tavarozzi, Maria Trotta, Michele Vincelli.
Casalciprano: Rosina Antonecchia, Donato Battista, Mario De Cesare, Domenico De Cesare, Egisto Iammatteo, Giovanni Lombardi, Enzo Rossi, i componenti delle squadre di ruzzola.
Castellino del Biferno: Carmine Colucci, Antonio Ferrante, Pasqualuccio Fratangelo, Enrico Fratangelo, Eleuterio Persichilli.
Castelnuovo al Volturno: Ernest Carracillo, l'Associazione Il Cervo.
Castel San Vincenzo: Domenico Di Cicco, don Ciro Scala.
Cercepiccola: Elvira D'Amico, Domenico La Vigna, Michele Simiele, Vincenzo Tata, Patrizia Zuccolillo.
Colle d'Anchise: Carmina Lucarelli, Michele Lucarelli, Giuliana Maselli, Fioravante Vignone, la Pro Loco.
Colli a Volturno: Gerardo Ranieri, Michele Visco, l'associazione Forza Giovane.
Fossalto: Nicola Cornacchione, Emilio De Cesare, don Antonio Pizzi, la Pro Loco Eugenio Cirese.
Frosolone: Giovanni Colavecchio, Filippo De Marinis, Nicolino Battista, Nicola Di Biase, Vincenzo Prioletta, la Pro Loco.
Gambatesa: Emilio Venditti, Claudio Minelli.
Guardiaregia: don Nicola Giannantonio, Deodato Masucci, Cristofaro Vignone.
Isernia: don Vincenzo Chiodi, il comitato festa Santi Cosma e Damiano.
Jelsi: Antonella Cipolla, Teresa Crovella, Maria Chiara D'Amico, Mario Ferocino, Michele Fratino, Antonio Maiorano, Chiara Maiorano, Ines Mignogna, Gennaro Panzera, Frank Valiante, il comitato Sant'Anna.
Larino: Nicola Lozzi, Giuseppe Mammarella, Franco Rainone, la Pro Loco.
Lupara: don Michele Di Legge, Giancarlo Di Lonardo, Donato Giacomodonato, il comitato festa Sant'Antonio.
Mirabello Sannitico: Luciano Di Biase, Antonietta Verdone, Fernando Varriano.
Monacilioni: Mario Giuseppe Martino, Giuseppe Mezzacappa, l'associazione Santa Benedetta.
Montecilfone: Fernando Desiderio, Giancarlo Moccia, Gabriele Pallotta, Rossella Sforza.
Palata: Giulio Manzo, Maurizio Marchetti, Antonio Staniscia.
Pescolanciano: Lavinia Brigida Del Matto, Alfredo Marrone, Giuliana Maselli.
Petacciato: Gabriella De Cristofaro, Gabriele La Palombara, Erminia Terresi, il gruppo Sant'Antonio Boys Davide Marco e Michele.
Pietracatella: Enzo Salvatore Di Iorio, don Antonio Di Giorgio, Nicola Danese, i componenti della confraternita di Santa Maria di Costantinopoli, le persone che si sono impegnate per la raccolta e la lavorazione del latte, i giovani che hanno contribuito all'organizzazione della festa.
Portocannone: Michele Matteo Di Legge, Adamo Gallo, Michele Glave, Luigi Mascio.
Riccia: Roberto Fanelli, Antonio Marrone, il comitato Sagra dell'Uva.
San Martino in Pensilis: Valeria Ceglia, Dario D'Adderio, don Costantino Di Pietrantonio, Domenico Iannitti, Peppino Iannone, Silvio Lesti, Pietro Lesti, Antonio Saracino, Nicola Vitale, i Giovani, i Giovanotti e i Carrieri.
Santa Croce di Magliano: Donato Arcano, Nicolangelo Licursi, Pasquale Marino, Matteo Patavino, l'associazione Finis Terrae, il gruppo di ricerca U Cuoscene.
Scapoli: Antonietta Caccia, Vito Giovannelli, il Circolo della Zampogna, il Museo della Zampogna.
Sepino: Angela Mancinelli, Domenico Morrone, il comitato Santa Cristina.
Termoli: Basso Cannarsa, Maretto Cannarsa, Giuseppe De Camillis, Claudio Recchi, Domenico Recchi, l'equipaggio della Nuovo Trenta Carrini, l'equipaggio della Miante.
Toro: Giovanni Mascia, Maria Parziale.
Tufara: Lina Barrea, Salvatore Boccamazzo, Giovanni Colella, Mario Iaconianni, Antonio Scoccola, l'associazione Il Diavolo, i Thurpos di Orotelli.
Ururi: Emanuele Chimisso, Antonio Cocco, Luigi Iavasile, don Adamo Manes, Luisa Papadopuli, i Giovani e i Giovanotti.
Vastogirardi: la famiglia Antinone, Alessia Biscotti, don Paolo Conti, Martina De Dominicis, Paola Maciotra, Vincenzo Venditti.
Venafro: Riccardo D'Orsi, Michele Mascio, Giuseppe Verrecchia, Benedetto Zullo, il comitato festa San Nicandro.

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Progetto Arcimed

arcimappa

L'Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia è partner del Progetto "Arcipelago Mediterraneo" ed è responsabile, con il Musée de la Corse, delle attività riguardanti la realizzazione di un Atlante Multimediale del patrimonio culturale delle Isole. Il patrimonio culturale privilegiato dal Progetto è quello immateriale e la sua valorizzazione rappresenta un incentivo alla qualificazione ed allo sviluppo del turismo interno delle isole. L'Istituto, che comprende il Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari, è territorialmente competente anche per le regioni Sardegna e Toscana.

Il Progetto
Il Progetto Arcipelago Mediterraneo è stato approvato nell'ambito del P.O. Italia-Francia "Marittimo" ed interessa le tre isole principali dell'Alto Tirreno (Sardegna, Corsica, Elba), i loro capoluoghi, i loro porti e le strutture urbane ad essi collegate (quartieri portuali e fortificazioni), nonché le risorse culturali ed ambientali dell'entroterra.
Partner del Progetto sono:

Comune di Cagliari (capofila)
Ville d'Ajaccio
Comune di Portoferraio
Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia
Collectivité Territoriale de Corse

I Porti di un'Isola (assieme agli aeroporti) costituiscono le uniche Porte di accesso all'Isola. Dotando i porti di centri di prima accoglienza turistica ed attrezzandoli come centri di servizi multimediali, s'intende fornire agli utenti una visione globale ed integrata delle risorse culturali ed ambientali esistenti e dei servizi turistici disponibili.

L'idea di un grande "Arcipelago Mediterraneo", una volta estesa ad altre isole, potrà costituire la base per una marca tematica, un club di prodotto dedicato e nuovi prodotti turistici ispirati alla peculiarità ed alla storia delle isole mediterranee.

Le principali azioni previste dal progetto fanno riferimento a 5 obiettivi specifici:

  1. estendere la rete partenariale creando sotto-reti portuali a livello isolano e promuovendo il progetto a livello mediterraneo;

  2. progettare un modello di di accesso virtuale al patrimonio culturale, materiale ed immateriale delle isole e realizzarne un prototipo a scopo dimostrativo;

  3. valorizzare i porti, i quartieri portuali storici, le antiche fortificazioni e le tradizioni marinare delle città partner, attraverso strategie e politiche di intervento condivise;

  4. valorizzare il patrimonio culturale delle 3 isole, soprattutto quello immateriale, assai poco conosciuto ed invece di fondamentale importanza per i segmenti più evoluti della domanda turistica;

  5. progettare e promuovere prodotti turistici innovativi, legati al mare, alla storia della navigazione, alla portualità ed al rapporto mare/terra attraverso itinerari turistico-culturali appositamente studiati.
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PACI Patrimonio culturale immateriale

Progetto patrimonio etnoantropologico immateriale
Dal sito dell'ICCD la pagina dedicata al Progetto PACI

Il Progetto PACI

Il Progetto integrato per il Patrimonio Culturale Immateriale e la Diversità Culturale PACI si fonda sulla Convenzione Unesco per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale e sulla Convenzione Unesco sulla protezione e promozione delle espressioni della diversità culturale (Parigi, 2005), ratificate dall'Italia nel 2007. È coordinato dall'Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione (ICCD) e condiviso dall'Istituto Centrale per i Beni Sonori ed Audiovisivi (ICBSA) e dall'Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia (IDEA).

Obiettivo del progetto è quello di contribuire a incrementare la conoscenza del patrimonio culturale immateriale italiano attraverso attività di ricognizione e di recupero di catalogazioni pregresse e attività di nuova catalogazione sul campo, allo scopo di realizzare una base di dati volta a implementare e integrare le documentazioni catalografiche e multimediali dei tre Istituti Centrali relativamente ai territori regionali italiani.

L'attività di ricognizione, rilevamento, documentazione, trattamento dei dati e compilazione delle schede è stata affidata ad etno-antropologi professionali, che hanno utilizzato una versione ridotta della scheda BDI - Beni demoetnoantropologici immateriali dell'ICCD.

Il Progetto si è sviluppato in due fasi, per la durata complessiva di quattro anni.

FASE 1

La prima fase del progetto (2009-2010), curata dall'ICCD, ha riguardato attività di recupero di catalogazioni e documentazioni pregresse e attività di nuova catalogazione sul campo.

Recupero catalogazioni e documentazioni pregresse
Sono state rese disponibili, per una più ampia consultazione, le banche dati di due importanti progetti di particolare rilievo storico-antropologico:
• Progetto finalizzato Beni Culturali CNR (1996-2002), sottoprogetto "Biologia ed etnoantropologia": banca dati schedografica e multimediale relativa a feste popolari del Piemonte e della Val d'Aosta rilevate tra il 2000 e il 2002, a cura dell'Unità operativa di Torino coordinata da Gian Luigi Bravo.
• Progetto Il folklore: un bene culturale vivo, realizzato nell'ambito dei cosiddetti "Giacimenti culturali" (Legge 41/86, art. 15): banca dati schedografica e multimediale relativa a feste popolari italiane rilevate fra il 1988 e il 1990, a cura di Video/Italia srl con il coordinamento scientifico di Diego Carpitella, Alessandro Falassi e Valeria Petrucci.

Catalogazione e documentazione sul campo
È stata effettuata una campagna di documentazione e catalogazione sul campo, ad ampio raggio, di beni immateriali relativi alla Dieta mediterranea – intesa come cultura del cibo e del mangiare nei suoi aspetti rituali e conviviali – in tre regioni, Lazio, Basilicata e Puglia, quale supporto alla candidatura presentata dall'Italia, insieme a Spagna, Grecia e Marocco di questo bene nella Lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell'umanità dell'UNESCO.

FASE 2

La seconda fase del progetto (2011-2012) è stata curata congiuntamente dai tre Istituti Centrali e ha ugualmente riguardato attività sia di nuova catalogazione sul campo, sia di recupero di catalogazioni e di documentazioni pregresse, con riferimento, nel complesso a temi quali feste, riti e cerimonie, musica di tradizione orale, banchetti rituali, pesca lacustre, oltre a un'integrazione della dieta mediterranea. Ne è derivato un significativo ampliamento della base di dati catalografici e documentali disponibili nel sito, che appare ulteriormente arricchita dall'integrazione con la banca dati dell'ICBSA.

ISTITUTO CENTRALE PER IL CATALOGO E LA DOCUMENTAZIONE (ICCD)
L'ICCD ha contribuito con un'ampia campagna di catalogazione sul campo in Abruzzo, Lazio e Puglia, riguardante i temi già indicati, con particolare attenzione per un importante aspetto della dieta mediterranea costituito dai banchetti rituali. A questa si è aggiunta una campagna di catalogazione d'archivio di beni immateriali del Lazio rilevati e documentati presso l'Archivio DemoEtnoAntropologico (ALDEA) dell'ICCD, riguardanti il pellegrinaggio al Santuario della Santissima Trinità di Vallepietra (RM) e diverse altre occasioni festive e rituali. In tutto sono state prodotte 158 schede BDI con allegati.

ISTITUTO CENTRALE PER I BENI SONORI ED AUDIOVISIVI (ICBSA)
L'ICBSA ha contribuito con la revisione di 130 schede BDI di catalogazione prodotte dal Centro Regionale di Documentazione (CRD) della Regione Lazio.
I beni schedati, tutti riguardanti il Lazio, sono tratti da tre raccolte di documenti etnico-musicali dell'Archivio Etnico Linguistico-Musicale (AELM): raccolta 51LM (C. Bianco, 1967), raccolta 145LM (L. Bucciarelli e I. Cavicchi, 1977), raccolta 154M (M. Müller, 1978-79). Tutte le schede sono corredate dagli estratti dei rispettivi brani musicali e dalle trascrizioni su pentagramma degli incipit musicali.

ISTITUTO CENTRALE PER LA DEMOETNOANTROPOLOGIA (IDEA)
L'IDEA ha contribuito con il riversamento su schede BDI di 130 schede FKM (Folklore/Musica) relative alla raccolta di registrazioni etnico-musicali di S. Biagiola (Fondi, Latina, 1976) conservata nell'Archivio Sonoro del Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari (MNATP). La raccolta si colloca nell'attività di sperimentazione di uso delle schede FK (folklore), nella fase del loro rilascio (Ricerca e catalogazione della cultura popolare, ICCD-MNATP, 1978). Tutte le schede sono corredate dagli estratti dei rispettivi brani musicali e dalle trascrizioni su pentagramma degli incipit musicali.

Nel sito sono pubblicate tutte le schede e le documentazioni multimediali prodotte con il Progetto PACI, organizzate geograficamente e scaricabili. Su tutti i materiali è possibile effettuare diversi tipi di ricerche.


 

Per richieste di informazioni o di consultazione integrale dei documenti multimediali si prega di contattare:

Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione (ICCD)
Roberta Tucci
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Isituto Centrale per i Beni Sonori ed Audiovisivi (ICBSA)

Francesco Baldi
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Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia (IDEA)
Emilia De Simoni
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Gabinetto delle Stampe

L'avvio della raccolta di stampe (oltre 14.000 immagini) risale agli inizi del 1900, quando Loria, incaricato di realizzare la Mostra del 1911, decide di allestire per l'occasione una sezione di iconografia popolare. Per raccogliere e ordinare il materiale grafico da esporre, si avvale della collaborazione di Francesco Novati (Cremona 1859 - San Remo 1915) e Achille Bertarelli (Milano 1863 - Roma 1938), noto collezionista di stampe.

I due esperti formulano un criterio di classificazione che suddivideva le stampe in quattro sezioni rispondenti ad una ripartizione tematica per soggetti: I La Divinità, II Il Mondo e le creature, III L'Uomo, IV L'Aldilà. Il Ciclo dei Novissimi. Questo piano analitico così elaborato, in seguito ripreso ed in parte ampliato durante i lavori di organizzazione di tutto il materiale al momento dell'apertura del Museo nel 1956, risulta tuttora in vigore come strumento di consultazione e di studio. La raccolta grafica, cronologicamente inquadrabile tra la fine del XVIII secolo e i nostri giorni, è composta di varii nuclei menzionati nel Catalogo Stampe relativamente alla provenienza e alla data di entrata in Museo: "Vecchia Raccolta" (1908); Rac. S. Di Giacomo (1910); Stampe Calcografia Nazionale (1959 e 1966); Stampe A. Rossi (1963); Stampe F. Geitner (1964); Stampe Gorini (1967 e 1970).

I temi delle stampe si ricollegano alla realtà della cultura popolare ampiamente documentata nell'esposizione museale. I soggetti si riferiscono alla tematica sacra - con raffigurazione di episodi del Vecchio e Nuovo Testamento, di Cristo, della Madonna e dei Santi - e ad altre tematiche con immagini di feste, di giochi, di costumi, di mestieri e di proverbi e immagini che illustrano, mediante la vivacità delle scene, il modo di vivere della gente comune.

Nell'Esposizione del 1911 il materiale grafico aveva, per la prima volta, la sua affermazione pubblica, assumendo l'importante funzione di documentare e raccontare attraverso il solo sussidio delle incisioni e della stampa, come scrissero i due studiosi nella premessa al catalogo la "vita" interiore come esteriore del popolo italiano, quale s'è svolta per un periodo di tempo quattro volte secolare ...". Rappresentare cioè tale realtà culturale e plurisecolare, quale era stata fino agli inizi del secolo scorso, quando, mutate le condizioni sociali e culturali, le immagini a stampa subivano una trasformazione nel gusto anche per effetto dei nuovi mezzi tecnici di riproduzione.

Rispetto ai secoli precedenti due fattori rimanevano invariati: la tipologia dei soggetti e del mercato. Il contenuto concettuale di "stampa popolare" tuttavia non significa che il materiale grafico sia stato realizzato dal popolo per il popolo, con tecniche di esecuzione mediocri, ma che esso era di "gusto popolare" anche se ottenuto con tecniche avanzate e sofisticate da tipografi, calcografi e litografi di rilievo, i quali si dedicarono alla produzione di questi fogli rimanendo però in un orizzonte che non era il proprio, ma estremamente popolare per definizione. In altri termini era il volgo, cui il materiale era destinato, che influenzava la qualità ed il gusto della produzione e non, viceversa, il suo autore o esecutore. Fino ad allora questo genere aveva avuto scarsa importanza nel panorama culturale, mentre era diffuso sul mercato attraverso l'opera infaticabile di venditori per via, i quali svolgevano il difficile mestiere di ambulante, costretti come erano a migrare continuamente da paese a paese fino a raggiungere i luoghi più remoti. Nelle città invece la vendita e la distribuzione di questo materiale divulgativo era regolamentata da botteghe specializzate.

La comparsa in occidente della xilografia, già conosciuta in oriente dai popoli antichi (Cinesi) ed introdotta in Europa verso il XIII secolo (le prime incisioni su legno furono eseguite per le impressioni di stoffe ), determinò una rivoluzione creando una trasformazione socioculturale. Le stampe xilografate si diffusero tra la fine del XIV e gli inizi del XV secolo in modo sempre più rapido fra le principali città europee. La scoperta risultò un fatto innovativo di notevole importanza per la diffusione di temi cari alla cultura popolare, poiché operò un cambiamento fondamentale riguardo alle fonti di conoscenza del popolo, rappresentate non più dalle canzoni o storie narrate dai giullari e dalle pitture sulle pareti delle chiese e dei palazzi, ma dal prodotto grafico ormai alla portata di tutti e così i vecchi motivi (gli episodi sacri o eroici, gli aspetti più svariati della vita spirituale e materiale dell'uomo, gli influssi celesti, le stagioni, le virtù, i vizi, i mestieri ecc.) entrarono nelle case che se ne adornarono e il materiale fu esposto nelle botteghe anche in quelle più umili.

Con il tempo, pur cambiando il sistema di riproduzione, attraverso l'impiego di tecniche più elaborate, i repertori espressi in forma artistica semplice rimasero immutati e rispondenti alle preferenze di un'ambiente meno evoluto e così motivi e soggetti, cari alla fantasia popolare, vennero a lungo ripetuti. Artisticamente le incisioni del '500 non erano inferiori alle produzioni delle arti più raffinate, ma già nel '600 e '700 questo genere mostrava segni di decadenza, frequentemente infatti le incisioni in legno o in rame più antiche venivano riprodotte e modificate in forme più rozze, poco curate e i temi tradizionali restavano gli stessi, arricchiti solo di rado di qualche nuovo elemento. Nell' '800 le inclinazioni in senso artistico del popolo cominciarono sensibilmente a cambiare per effetto della evoluzione sociale in atto, dovuta ai contatti con la città e per l' impiego di un nuovo mezzo tecnico usato per stampare, la litografia, mezzo che sostituiva quasi integralmente le tecniche incisorie in funzione in epoca precedente, abbatteva ulteriormente i costi e rendeva sempre più rapida e facile la riproduzione della soggettistica.

Responsabile: Anna Sicurezza
Tel. 065910709/065926148 - mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.

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Archivio fotografico

Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia

"Quale minuta descrizione letteraria... di una situazione e di una condizione contadina può supplire alla completezza e alla fedeltà d'informazione di una immagine fotografica?"

Diego Carpitella

La collezione di fotografie storiche e di cartoline ha i suoi nuclei principali nelle raccolte del Museo di Etnografia Italiana e nelle immagini che accompagnavano gli oggetti destinati alla Mostra di Etnografia Italiana del 1911. Il fondo storico ha come termine cronologico il limite della fine del 1950, oltre il quale iniziano le collezioni moderne. Nelle immagini fotografiche e nelle cartoline, entrambe acquisite da fondi già esistenti o appositamente realizzate per la mostra del 1911, possono rintracciarsi due orientamenti fondamentali: da un lato un esplicito intento di ricerca; dall'altro, la finalità prettamente museografica di documentare abiti, oggetti, architetture, per una migliore realizzazione espositiva. Le raccolte offrono un significativo ed eterogeneo panorama della fotografia di argomento demologico degli ultimi anni dell'Ottocento e dei primi del Novecento.
Tra le immagini, meritano menzione, in primo luogo, le fotografie provenienti dagli archivi dei Fratelli Alinari e di Giacomo Brogi, di Firenze, e di Romualdo Moscioni, di Roma. Tra gli autori delle fotografie, si trovano diversi titolari di studi fotografici, attivi già dal secolo scorso: nomi noti, altri meno noti e di importanza strettamente locale: Attilio Brisighelli di Udine, Carlo Naya e Francesco Bonaldi di Venezia, Andrea Vidau di Ancona, Claudio Carloni di Jesi, Alvino di Firenze, Camillo Tonker di Roma, Luigi Guida di Napoli, Antonio e Alfredo Trombetta di Campobasso.
Le immagini fotografiche, che ritraggono gruppi familiari, costituiti da donne con bambini, denunciano in modo inequivocabile di essere destinate ai mariti ed ai parenti emigrati oltreoceano. Un altro significativo corpus di immagini è quello realizzato con fini esclusivi di ricerca: sono immagini che denunciano vere ricerche "sul campo", in alcune zone impervie e poco conosciute della penisola, dove si potevano documentare le reali condizioni di vita delle comunità agropastorali. Le acquisizioni successive alla Mostra del 1911 integrano le raccolte originali, come la donazione di fotografie storiche relative all'artigianato italiano e le immagini storiche dei costumi albanesi, provenienti dal Fondo Marubi della Fototeca di Skhodra (Albania).

Festa della Madonna dell'Arco, Giuglian, 1975. Foto: A. RossiL'archivio ha acquisito inoltre, nell'ambito di una ricerca condotta ad Anghiari (Arezzo), più di un centinaio di fotografie che ritraggono eventi festivi, tecniche lavorative, attività ricreative, gruppi scolastici e familiari e locali. Ricordiamo inoltre la donazione Zanier e, per quanto riguarda le raccolte fotografiche, l'acquisizione Pasquale De Antonis. Il fondo storico comprende inoltre una interessante raccolta di cartoline, che presentano immagini ricavate dalle serie fotografiche di noti autori, come i fratelli Alinari, Alphonse Bernoud, Chauffourier, Esposito, Carlo Naya, Giorgio Sommer. Le case editrici delle cartoline stesse sono in alcuni casi molto note, in altri sono piccoli stabilimenti locali: Adinolfi, Alterocca di Terni, Angeletti di Sulmona, Antonelli di Udine, Colitti di Campobasso, Colombo, Plantera, Felicetti di Roma, Forzano, Gaggiano, Jurizza, Mengoli, Mola, Nanetti di Modena, Peyrot, Pini, Richter & Co. di Napoli, Sciutto di Genova, Stengen & Co. di Dresda, Valdes di Cagliari.

Nel settore moderno sono conservati materiali databili dagli anni '50 dello scorso secolo ad oggi, che documentano i temi più significativi della ricerca antropologica in Italia: feste, comportamenti devozionali, pratiche rituali, tecniche di lavoro agricolo e artigianale, vita pastorale e marinara, giochi e spettacoli di piazza, problematiche sociali. Naturalmente l'arco di tempo interessato da questo settore rende tali documenti assai preziosi, nella prospettiva di un percorso iconografico attraverso i mutamenti socio-culturali determinati, nel nostro paese, dall'industrializzazione: modi di vita, quotidiana, lavorativa e festiva, trasformati nel volgere di pochi decenni, ma anche ambienti urbani e paesaggi rurali, che costituiscono lo scenario più ampio dei cambiamenti della modernità. Il nucleo più significativo dell'archivio, databile tra il 1950 e la fine degli anni '70, si deve all'attività di una studiosa dinamica e sensibile come Annabella Rossi, che promosse la costituzione dell'archivio e contribuì ampiamente al suo incremento, ma anche alla situazione oggettiva, nel paese, dell'osservabilità di fenomeni ancora in buona misura connotati da una sorta di autenticità demologica, contrapponibile alla cultura dominante, che sollecitava l'intervento di antropologi animati da una tensione politica e sociale.

Michele Gandin, 1979 Annabella Rossi,1979 Le tematiche demartiniane ricorrono frequentemente nelle campagne fotografiche dirette o realizzate dall'antropologa, e evidente è l'intento, nella ripresa dei soggetti, di privilegiare gli aspetti di una meridionalità misera e sfruttata, o interprete inconsapevole di una residua ideologia arcaica. Ricordiamo le fotografie di Michele Gandin, realizzate negli anni '50 e '60 nel Lazio e nell'Italia meridionale, relative a contesti urbani, infanzia, vita contadina, feste e spettacoli popolari; le immagini sul tarantismo in Puglia, dal 1954 al 1976, di Chiara Samugheo e Annabella Rossi; la documentazione degli anni '70 sui comportamenti devozionali e gli eventi festivi, attraverso i materiali di Lello Mazzacane (processioni del Venerdi Santo in Calabria; San Gerardo, Madonna dell'Arco, carnevale, festa dei gigli, volo dell'Angelo in Campania; San Rocco e Santa Rosalia in Sicilia; Madonna del Pollino in Lucania; Santissima Trinità nel Lazio) e Marialba Russo (Madonna dell'Arco, festa dei gigli, Madonna di Briano, San Gerardo, Montevergine, San Gennaro, San Vito, Sant'Antonio, processione dell'Assunta, Venerdi Santo, tarantelle, carnevale, Sant'Antonio Abate in Campania; Santi Pietro e Paolo in Puglia); la documentazione sulle feste, realizzata da Annabella Rossi dal 1959 fino alla seconda metà del 1970 (Santi Cosma e Damiano, San Nicola, l'Affruntata, Madonna Lauretana in Calabria; San Gerardo nel Lazio; Madonna del Pollino in Lucania; Madonna dell'Arco, Madonna di Fontigliano, Venerdi Santo, Madonna delle Galline, carnevale, Santa Felicita, Madonna dei Bagni, Sant'Antonio, Madonna della Neve, Madonna della Grotta, Santa Felicita in Campania; San Michele Arcangelo in Puglia; lamento funebre in Lucania).

Numerosi sono anche i materiali relativi all'artigianato popolare e al lavoro tradizionale; un settore dell'Archivio conserva i fondi relativi alle mostre; sono infine documentati gli oggetti conservati in Museo.

Allo stato attuale il fondo fotografico comprende circa 140.000 immagini ed è in continuo incremento, attraverso acquisizioni di fondi e realizzazione di documenti fotografici da parte dei ricercatori del Museo. Ad esempio nell'ambito del progetto di etnografia visiva sul patrimonio immateriale del Molise è stata prodotta una documentazione fotografica di circa 25.000 immagini. Tra le recenti acquisizioni si ricordano inoltre quelle relative al tarantismo (Chiara Samugheo), alle feste (Vittor Ugo Contino, Gianni Zanni, Marco Marcotulli e Sabina Cuneo Puzo), alle tradizioni e ai contesti sociali (Mario Carbone), alle marinerie (Francesco De Melis), al folklore macedone (Museum of Macedonia) e allo sciamanesimo siberiano (Russian Museum of Ethnography); tra le donazioni si segnalano quelle relative alla processione dei "Misteri" di Campobasso (Stefano Vannozzi), alla lavorazione del marmo a Carrara (Adriana e Ilario Bessi), a soggetti d'interesse museale (Maria Blasi), alle feste (progetto Il folklore: un bene culturale vivo). L'archivio dispone di elenchi cronologici con indicazione dell'autore, dell'argomento e della località ed è in corso l'elaborazione di un catalogo informatizzato e il riversamento dei fondi in supporto digitale.

Responsabili: Marisa Iori (archivio storico), Annamaria Giunta (archivio moderno)
Tel. 065910709/065926148

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Depositi etnografici

I depositi museali contengono decine di migliaia di pezzi non visibili al pubblico e sono articolati su due diversi livelli. Il deposito dei manufatti in ceramica e metalli è posto al secondo piano dell'edificio museale; in alcune stanze sono contenuti anche oggetti devozionali (ex voto, oggetti in cera e di confraternite), parrucche, e vari costumi della collezione museale. Tra le raccolte meno studiate merita un cenno quella del famoso tenore Evans Gorga (ceramiche, recipienti in ferro, vetro, porcellana ecc.), pervenuta a questo Istituto con D.M. del 1967.

Al terzo piano è il deposito dei manufatti in legno (mobili, utensili, oggetti per filatura, sponde di carri, statuine, ecc.), in via di riordinamento. È presente anche una sezione di manufatti realizzati con fibre vegetali (cesti, corbule ecc.) e un'altra sezione con oggetti del teatro, souvenirs e bambole. Infine, disposti su apposite cassettiere, molti costumi tradizionali regionali, di cui l'Istituto vanta in Italia la raccolta più rappresentativa. Alcuni oggetti di grandi dimensioni non esposti al pubblico (carri e telai) sono posti al piano terra in una sezione attigua alle sale museali.

Responsabile: Paolo M. Guarrera
Tel. 065910709/065926148 - mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.

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Inventario e prestiti

Inventario

L'Ufficio Inventario ha come compito primario la registrazione cronologica dell'entrata dei nuovi pezzi in Museo tramite scrittura sui volumi di inventario, che sono registri ufficiali dell'Istituto. È annotata una descrizione sintetica del pezzo con le misure, la località di provenienza, l'epoca, il nome del raccoglitore, del venditore o del donatore, le condizioni di conservazione ecc. Ai pezzi inventariati sono assegnati numeri progressivi. I registri di inventario dell'Istituto (già Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari) sono stati compilati a partire da alcuni anni prima del 1956, data di apertura ufficiale presso il palazzo dell'Eur in Piazza Marconi 8/10. Presso l'Ufficio è possibile consultare anche gli inventari storici compilati - a partire dai primi anni del '900 fino agli anni '40 dello stesso secolo - dai collaboratori del Loria (iniziatore delle raccolte etnografiche) e dai funzionari del Museo di Etnografia Italiana incaricati delle raccolte. L'Ufficio Inventario si occupa anche di istruire le pratiche relative ad acquisti o donazioni di manufatti. Tra le donazioni più importanti effettuate a questo Istituto: il presepe napoletano di Laura Romano-Verduzio, acquisito alla fine degli anni '90, e la biblioteca specializzata sulla ceramica di Otto Mazzucato, corredata di foto, diapositive, frammenti di ceramica e manifesti (pratica in via di perfezionamento). Presso l'Ufficio Inventario è inoltre conservata un'ampia documentazione relativa all'etnobotanica in Italia e nel bacino del Mediterraneo, oggetto di numerosi studi (medicina popolare, alimentazione tradizionale ecc.), alcuni dei quali realizzati su manufatti dell'Istituto (in fibre vegetali, con motivi fitomorfi ecc.).

Prestiti

I prestiti vengono effettuati secondo l'attuale normativa ministeriale. Le richieste di autorizzazione al prestito devono essere prodotte dagli enti proponenti almeno 4-5 mesi prima della data di inizio di una manifestazione, specificando il titolo esatto della mostra, le date di inizio e termine della stessa, le opere che si intende richiedere in prestito, il progetto scientifico e organizzativo (motivazioni per allestire la mostra e garanzie per la protezione dei pezzi da furti e danneggiamenti come vetrine, distanziatori ecc.). L'ufficio fornisce i valori assicurativi delle opere, che devono essere in buono stato di conservazione, e compila le relative schede conservative. Per i prestiti all'estero viene interessato l'Ufficio Esportazione del Ministero e si richiede all'ente richiedente garanzia scritta di restituzione dei pezzi. Al responsabile dell'Ente richiedente viene fatto firmare un promemoria intitolato "condizioni di prestito". La sede di esposizione dev'essere idonea per quanto riguarda le condizioni climatiche (temperatura, umidità, luce) e di sicurezza (guardiania, impianti di allarme, telecamere), attestate da un apposito facility report, con allegata pianta della mostra. L'uscita temporanea dei beni dalla sede museale mediante prestito è subordinata al provvedimento autorizzatorio emesso dal Superiore Ministero.

Responsabile: Paolo M. Guarrera
Tel. 065910709/065926148 - mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.

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Laboratorio di restauro

Al pari di ogni Museo a carattere etnografico questo Istituto ha raccolte di oggetti contraddistinte da una diversificata presenza di materiali prevalentemente di natura organica (legno, vegetali, paglia, farinacei) nonché fibre naturali (tessuti) e sostanze fibrose (carta) che esigono una costante attenzione vista la facilità del loro degradarsi per cause esogene (possibilità di non idoneità ambientali, traumi da spostamento) e di invecchiamento naturale. Cospicua inoltre la presenza di manufatti in pietra e in metallo (ferro, rame, leghe varie specie per quanto concerne gioielli, monili ed ornamenti) per i quali il fenomeno dell'ossidazione dovrebbe essere costantemente tenuto sotto controllo. Per il materiale lapideo è invece l'ingombro e soprattutto il peso a rendere difficoltosa l'attività di pulitura e gestione.
Si tratta comunque di oggetti che sebbene oggi affidati a un Museo hanno, a suo tempo, in buona parte, assolto a funzioni d'uso (abbigliamento, utensili, dolci, vasellame, strumenti di lavoro, immagini devozionali, mezzi di trasporto) sicché possono presentare segni di deperimento che fanno parte della stessa storia e che dobbiamo così distinguere dalle alterazioni chimico-fisiche naturali, invece evitabili o comunque controllabili. Il volume di interventi che ogni anno il settore restauro appronta è notevole: si sta nell'ordine del centinaio di documenti etnografici interessati, nell'arco dei dodici mesi, ad una azione conservativa, in taluni casi minimale (rimozione delle polveri, disinfestazione, consolidamento della struttura), in altri più ampia nel senso che, pur adottando per ciascun oggetto le dovute modalità di intervento, si giunge anche al recupero della componente estetica dell'oggetto. I progetti esecutivi messi in atto rispettano le norme e i principi dell'azione di restauro applicati nei musei nelle soprintendenze nazionali con particolare attenzione, nel nostro caso, al dato antropologico che gli oggetti qui raccolti presentano: quel fattore umano che caratterizza l'opera di "cultura materiale" e che, diversamente da quella di interesse storico-artistico, risponde ad esigenze primarie e contingenti, a procedimenti domestici e tradizionali.

Restauro delle ceramiche

 È necessario pertanto che più figure professionali (l'antropologo, lo storico dell'arte, il biologo) indichino al restauratore i caratteri morfologici ed artistici dell'oggetto etnografico dando così modo all'intervento di conservare la materia salvaguardandone al contempo la natura di testimonianza storica e culturale. Al Laboratorio spetta dunque di recepire il significato dell'opera e di attuare l'intervento adatto alla circostanza onde recuperare all'oggetto uno stato durevole di conservazione e il suo grado di espressività. Le stesse vicissitudini storiche del patrimonio etnografico di questo Museo (che per circa mezzo secolo ha trasmigrato attraverso più sedi) hanno influito sulle condizioni effettive dei materiali tant'è che ad anni oggi lontani risalgono le attenzioni alla cura degli oggetti, già allora distinti per categorie specifiche: è del 1950 ad esempio un incarico formalizzato a una addetta al Laboratorio per il "rammendo e manutenzione costumi", mentre al gennaio 1956 risale un organigramma in cui a personale specializzato si assegnano compiti di restauro per quanto concerne i dipinti; le ceramiche, legno e ferro; i costumi.

Dal passaggio dell'uso dei due termini, "rammendo" e "restauro", si ha la misura del cambiamento di comportamento avvenuto agli inizi degli anni cinquanta nella prassi conservativa adottata in questo Istituto: dall'indicazione di un termine specifico e riferito già a una soluzione (l'atto del rammendare), si passa all'indicazione di un procedimento tecnico che lascia spazio a un progetto di intervento e di integrazione (restaurare secondo varie modalità): ha inizio cioè il metodo di una valutazione storicizzata della soluzione cui si deve tener conto anche, nel caso specifico, di un taglio o della consunzione di una stoffa. L'azione tecnica del nostro Laboratorio punta quindi a interventi minimi ma determinati, capaci di risolvere i guasti materiali di un oggetto etnografico lasciando spazio all'inventiva risolutiva dell'operatore che otterrà maggior risultato quanto più lascerà inalterata, nell'oggetto, la capacità di manifestare la propria natura di documento.

Responsabile: Anna Sicurezza
Tel. 065910709/065926148 - mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. 

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Biblioteca

 
Il nucleo storico dei volumi conservati nella Biblioteca, già appartenuto al Museo di Etnografia Italiana fondato a Firenze nel 1906, in Borgo San Jacopo dall'etnologo Lamberto Loria, nasce dall'intento dello studioso di raccogliere, oltre agli oggetti etnografici, "ogni sorta di pubblicazioni riguardanti i manufatti degli oggetti caratteristici, le industrie primitive, gli usi e i costumi, le superstizioni e i pregiudizi, le novelle, tradizioni, poesie e proverbi, i dialetti e qualsiasi altra manifestazione popolare italiana" per costituire una biblioteca specializzata.

Nel 1911, il patrimonio librario con le collezioni etnografiche viene trasferito a Roma e largamente integrato di letteratura popolare con nuove acquisizioni volute in occasione dell'Esposizione di Etnografia Italiana. Nel 1937 e fino allo scoppio della guerra del '43, la biblioteca, riordinata ed accresciuta di nuove pubblicazioni, viene aperta agli studiosi e ai cultori della disciplina, nella sede di Tivoli e quindi, dal 1956, nella sede definitiva del Palazzo delle Tradizioni Popolari all'Eur.

La biblioteca ha carattere di unicità in Italia e possiede un patrimonio importantissimo nell'ambito delle discipline demoetnoantropologiche e del folklore. Accanto ad oltre 30.000 volumi e periodici è possibile consultare il fondo speciale di Letteratura Popolare I (3.700 libretti), il fondo di Letteratura Popolare II (7.400 fogli volanti) le Miscellanee (3.800 opuscoli) e l'Emeroteca composta da ritagli di giornali databili fine secolo XIX ad oggi.

La Biblioteca è aperta dal lunedi al venerdi, dalle ore 9.00 alle ore 13.00

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Orario ICPI
Dal lunedi al venerdi
9.00-17.00
Metro Linea B (EUR Fermi) Bus 30 Express, 170, 671, 703, 707, 714, 762, 765, 791
Amministrazione
trasparente

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