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San Sebastiano ad Acireale
Foto: S. Paderno e G. Rinaldi
Archivio Fotografico dell'Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia
Foto: S. Paderno e G. Rinaldi
Archivio Fotografico dell'Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia
Giudei
MERCOLEDI SANTO - GIOVEDI SANTO - VENERDI SANTO
Foto: S. Cuneo e C. Puzo, 1998
Archivio Fotografico dell'Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia
Foto: A. Luiu, (16 febbraio 2010)
Archivio Fotografico dell'Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia
Le maschere tradizionali di questo carnevale sono i Mamuthones e gli Issohadores. Un rito molto sentito del carnevale è la vestizione dei Mamuthones, compiuta da due persone. Dopo la vestizione i Mamuthones sfilano in gruppi di dodici, rappresentando i mesi dell'anno, guidati dagli Isshoadores che sfilano in gruppi di otto e danzano
Foto: R. Campanelli, 1975
Archivio Fotografico dell'Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia
Foto: L. Blasco, 1982-1983
Archivio Fotografico dell'Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia
Foto: M. Marcotulli 1987-1997
Archivio Fotografico dell'Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia
Sartiglia
Foto: V. Contino, 1970
Archivio Fotografico dell'Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia
MERCOLEDI DELLE CENERI
Foto: M. Marcotulli, 1995
Archivio Fotografico dell'Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia
I Candelieri
Nel "Dizionario Geografico, Sstorico, Statistico, Commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna", (1843) sotto il toponimo Nulvi, "borgo della Sardegna", si legge: "I candelieri che con gran festa consacrano alla Vergine e dispongono prossimi al suo cataletto sono di diversa forma, che gli usati in altri comuni. Dalla metà in su sono lavorati con molta arte, variamente colorati, adorni di molte piccole effigie rappresentanti diversi misteri delle scritture, e le memorie dei santi protettori di gremi".
A Nulvi, alla vigilia della giornata dell'Assunta (in Sardegna l'iconografia vuole Maria Assunta raffigurata distesa sul letto di morte) sull'esempio della processione che si celebra nella vicina Sassari come ex-voto per la fine della peste del 14 agosto 1652, ha luogo la festa detta dei candelieri che secondo la tradizione sono tre, uno per ciascuna corporazione professionale – o gremio – che partecipa alla cerimonia ossia quello dei contadini, dei pastori, degli artigiani. Seppur definiti candelieri in quanto la tradizione dello scioglimento di un voto voleva che si portasse in processione un cero, i tre esemplari di Nulvi hanno la tipica forma a tabernacolo sostenuto da un fusto verticale ("fuso") con l'ampia superficie frontale ricca di decorazioni varie in cartapesta, carta colorata, argentata nonché dell'impiego della cosiddetta carta da parati, il tutto disposto attorno a uno scheletro di canne intrecciate. Il gusto decorativo dell'oggetto che viene trasportato ondeggiante per le strade di Nulvi dagli associati ai gremi, ulteriormente ornato di vessilli e bandiere, è una rielaborazione popolare di una composizione barocca. Non si può certo riconoscere ai due frammenti conservati nel nostro Museo uno stile artistico definito ma, nell'insieme, il repertorio decorativo del candeliere (definibile anche cero) riprende lo schema a nicchie e figure a tutto tondo proprio di altari lignei di stile colonial-spagnolo dell'arte sassarese degli inizi del XVIII secolo: cioè un sistema architettonico complesso a deciso sviluppo verticale ricco di intagli, cornici, dettagli decorativi interpretato nel contesto della cultura locale in vivace e festosa chiave decorativa.
La vicenda dei candelieri di Nulvi, ripercorribile tenendo conto dei due frammenti storici testé ricordati, ci porta ai modelli attualmente in uso nel corso della festa dell'Assunta facendoci così notare come siano mutate le condizioni per considerare una festa non solo una tradizione di comportamenti ma anche di figure e modalità di lavoro che comunemente definiamo "popolari". Seguendo le notizie riportate da Giovanni Gavino Fois si constata infatti quanto nell'arco di circa un secolo si siano ridotte nell'individuo quelle peculiari capacità creative e manuali che consentivano – in un'epoca definita di cultura contadina – la realizzazione di oggetti riconoscibili genuinamente come primari e popolari. Il Museo custodisce le sezioni di due antichi gremi che da Nulvi furono portati a Roma da Gavino Clemente, interlocutore all'epoca dalla Sardegna di Lamberto Loria, per essere esposti nella Mostra di Etnografia Italiana del 1911: le due composizioni, restaurate nel 1988, sono di buona qualità, presentano caratteri espressivi di ornato e allusioni plastiche ammirevoli che suscitano attenzione per ogni dettaglio che li compone. Riccioli, torniture della carta impastata ottenute per mezzo di stampi di pietra, soluzioni cromatiche punteggiate con carta stagnola colorata e luminosa, segnalano una paziente e minuziosa abilità artigianale che lo studio del Fois fa risalire al "grande maestro dei candelieri" Gavino Mara (Nulvi 1863-1951) conosciuto come Tiu Bainzu Mara. La tecnica costruttiva e creatrice di questi apparati processionali, così come eseguita dal Mara nei primi trent'anni del Novecento, mostra quella capacità ed esperienza individuale di un personaggio definito maestro e che nella tradizione della propria manualità di anno in anno realizzava i candelieri nulvesi. Alla sua morte e a quella del fratello Francesco, negli anni '60 e '70 dello scorso secolo iniziano "gli anni incerti", così come li definisce il Fois, della tradizione legata alla costruzione dei gremi. Sono gli anni nei quali si tentò il recupero dei vecchi esemplari finché nel 1978 e più decisamente ancora nel 2001 furono messi in cantiere tre nuovi ceri e la cui realizzazione, documentata sempre dal Fois anche fotograficamente, ha toni da impresa più che da manualità di piccola bottega. Anche la resa stilistica è diversa dal modello del gremio di inizi Novecento: presentano ora la consueta forma a tabernacolo ma di diverso stile da quelli più antichi con una stilizzazione delle superfici e degli ornati razionalizzati nei pieni e nei vuoti con figurine, cornici, fregi e colonnine interpretate come superficie a tarsie istoriate colorate con toni a pastello (verde il cero dei pastori, azzurro per gli artigiani, giallo quello degli agricoltori) ma da una resa geometrica e senza contrasti.
La festa
Le celebrazioni hanno luogo i giorni 14 e 15 agosto di ogni anno: il pomeriggio del 14 i candelieri vengono trasferiti a braccia fuori della chiesa di San Filippo Neri ove sono custoditi nei dodici mesi: dal corso Vittorio Emanuele, avuta la rituale benedizione, la sfilata dei candelieri s'avvia per le strette e tortuose strade del luogo per fermarsi – consentendo una sosta di ristoro ai "portatori" - a Cunventu 'e Subra. Il corteo riprende il cammino, percorre nuovamente il corso per sostare così anche nella periferia di Nulvi: si ricordano nelle cronache inaspettati episodi di intralcio alla marcia dovuto alla presenza di fili elettrici che ostacolavano l'andatura verticale dei candelieri. La tradizione vuole che questi restino sempre in posizione verticale sicché in un caso, nel 1926, si dovettero tagliare i cavi elettrici per evitarne l'abbassamento. Giunta la processione a fine percorso di fronte alla chiesa dell'Assunta, i candelieri vengono necessariamente calati per poter entrare nell'edificio secondo un ordine stabilito nel 1848: passa prima il gremio degli agricoltori (che sarà posizionato al centro), poi quello degli artigiani (a destra), infine quello dei pastori. E' sera e all'interno della chiesa i candelieri riposano e vengono posti a corona dell'immagine di Maria Assunta adagiata sul "cataletto", figura Dormiente della Vergine (Virgo Dormiens) vestita con abito di seta, gioielli, una corona d'argento e col corpo interamente velato. Il giorno successivo, Ferragosto, la statua di Maria va in processione per le strade del luogo e al suo rientro in chiesa dodici personaggi rappresentanti gli Apostoli, rendono omaggio all'immagine: ma prima di loro un adolescente vestito da angelo (S'Angheleddu/a) ha già rivolto atto di devozione baciando simbolicamente i piedi della statua dopo aver tracciato con la spada un segno di croce. E' il rito del S'Apostuladu di "derivazione bizantina"; il piccolo angelo vigila su Maria e a lui gli Apostoli chiedono il permesso di toccare il corpo della Vergine. Conclude il rito una preghiera corale al canto spagnolo de A la Asuncion.
A otto giorni dal Ferragosto, le figure che impersonano gli Apostoli, tornate in Cattedrale, omaggiano nuovamente la statua di Maria Dormiente e con canti la seguono fino nella Sacrestia ove sarà riposta. Anche i candelieri vengono ricollocati nella chiesa di San Filippo Neri da cui riusciranno il successivo 14 agosto. Frattanto "dinanzi all'ingresso della chiesa di Santa Croce, Paolo rompe con la spada la palma che Giovanni tiene fra le mani. La festa è quasi conclusa e la popolazione di Nulvi ha rinnovato, ancora una volta, il secolare voto fatto alla Beata Vergine Assunta per sconfiggere la peste".
Così descritta e vissuta dalla gente di Nulvi i rimandi alla tradizione bizantina che il Fois ricorda riferendosi in particolare al "rituale de S'Apostuladu" rendono storico più che tradizionale lo svolgimento della Festa dell'Assunta dal momento che due fasi delle cerimonie sembrano legate a una liturgia solenne concomitanti peraltro in una medesima circostanza ossia la particolare "veglia" che ha luogo nella notte tra il 14 e il 15 agosto al corpo dormiente di Maria da parte dei tre candelieri, segno simbolico di luce e chiarore nelle tenebre. Peraltro l'utilizzo dell'"oro canterinu" - ricordato dal Fois - da parte di Tiu Bainzu Mara o anche della "foglia d'oro per realizzare alcune decorazioni che 'il maestro' maneggiava con molta attenzione" riporta all'impiego, di tradizione orientale, dell'oro che "si manifesta appunto come luce, pura luce, non come colore": e dunque simbolo di luce, biancore, luminosità, lotta alle tenebre sono quelle "piccolissime bandierine...in carta stagnola del colore dell'oro che con il solo movimento del candeliere produceva un suono molto caratteristico". Ampio dunque il collegamento a una tradizione religiosa lontana nel tempo e soprattutto in questa circostanza della festa dell'Assunta appaiono cerimonie estranee a possibili origini agricole ma individuabili invece nelle devozioni dei primi secoli del cristianesimo sardo: il buio che avvolge dunque la figura della Madonna dormiente è come contrastato dalla luce simbolica emanata dai festosi e vivaci candelieri di cartapesta coloratissima.
Testo: F. Floccia
La festa
Il rituale della festa di Sant'Efisio a Cagliari è curato in tutti i dettagli dall'Arciconfraternita del Gonfalone di Sant'Efisio, affiancato oltre che dai Confratelli e dalle Consorelle dell'Arciconfraternita, dagli storici miliziani della Guardiania, dai carri addobbati a festa e trainati dai buoi sas traccas e dai gruppi in costume provenienti da tutte le parti della Sardegna, da suonatori e da cavalli e cavalieri.
Precede il rituale della processione solenne una complessa serie di singoli riti, dettagliatamente stabiliti in cui l'Arciconfraternita attraverso i suoi Confratelli e le sue Consorelle svolge un ruolo primario.
Riti preparatori
25 aprile
Il cocchio di "gala" viene tirato fuori dalla cocchiera e collocato al centro della navata centrale della Chiesa di Sant'Efisio.
29 aprile
La statua lignea di S. Efisio viene collocata davanti all'altare maggiore della Chiesa di S.Efisio per dar inizio al rituale della vestizione del simulacro. In questa prima giornata gli abiti di "gala" sono fatti indossare secondo un cerimoniale complesso guidato dalla Priora dell'Arciconfraternita che coordina l'apposizione di ogni singolo elemento - mantello di velluto rosso, manicotti e collare in pizzo e pettorale. Consorelle, novizie e fedeli che richiedono una grazia pongono i vari pezzi dell'abbigliamento mentre invocazioni e preghiere scandiscono i gesti ed i movimenti.
30 aprile
Gli ex voto ed ori del Santo, conservati nel corso dell'anno presso la "banca" dell'Arciconfraternita, antica istituzione preposta alla loro custodia e conservazione, vengono fatti indossare al Santo.
Durante questa cerimonia anche gli attributi iconografici di S. Efisio sono posti sul simulacro: l'elmo d'argento sbalzato, lo spadino di "gala", la palma del martirio in oro, il "medagliere" dei reduci delle due guerre mondiali e la "ganza" d'oro, il gioiello donato da Maria Teresa d'Austria- d'Este.
La complessa e dettagliata vestizione del simulacro del Santo, integrata da due veglie di preghiera, termina con la messa solenne e l'intronizzazione di S. Efisio nel cocchio di gala .
La processione solenne
1 maggio
La processione solenne, che dura più giorni (1-4 maggio) e ripercorre le tappe del martirio di S.Efisio, parte il 1 maggio dalla chiesa di Sant'Efisio, situata nel centro di Cagliari nel rione di Stampace e si snoda lungo un percorso articolato per le vie del centro di Cagliari per giungere al villaggio di pescatori di Giorgino nel primo pomeriggio.
L'uscita da Cagliari è caratterizzata dalla forte presenza di rappresentanze da tutte le parti dell'isola che giungono indossando i propri costumi caratteristici, gruppi sulle traccas, suonatori, cavalli e cavallieri, mentre alcuni tratti del percorso cittadino vengono coperti da lanci di petali di fiori.
Dalla uscita di Cagliari verso il ponte della Scafa il corteo oggi si assottiglia e prosegue effettuando lungo il percorso alcune soste per ricevere atti di devozione ed offerte proseguendo fino a Giorgino dove, per antico voto di un devoto, vengono ancora oggi custoditi dalla sua famiglia il cocchio da campagna e gli abiti da viaggio del Santo.
Dopo il cambio, riprende la processione il proprio viaggio con alcune soste e celebrazioni eucaristiche per fermarsi per la notte nel centro marino e industriale di Sarroch.
Lungo tutto il percorso della processione si assiste al rito della sa ramadura che era stato già in parte effettuato a Cagliari ma in maniera molto più contenuta. La pratica consiste nel ricoprire il percorso su cui passerà la processione con erbe odorose e petali di fiori che una volta calpestati inonderanno l'aria di un profumo intenso mentre con il gioco dei colori tutto il percorso assume l'aspetto di un variegato tappeto che continuamente si modifica in disegno e profumo: elicrisio, menta, mentuccia, mimosa, mirto, felci, rose, rosmarino, narcisi, finocchietto, salvia e pistoforo, alcune delle erbe ed essenze utilizzate. L'utilizzo di tali essenze potrebbe forse essere ricollegato alla pratica esistente durante la grande peste barocca in Sardegna al tempo di Filippo IV quando si utilizzavano piante come la menta per difendersi dal contagio che, secondo la dottrina "aerista" si pensava avvenisse attraverso l'aria, dice Nunez de Castro: "la causa comun è da ricercarsi di solito nell'aria alterata".
Bandiere e strisce di carta colorata a formare una tettoia colorata e agitata dal vento completano lo scenario attraverso il quale si snoda il lungo corteo per tutta la durata dei 40 km di andata e di ritorno di questi quattro giorni di devozione a compimento del voto fatto al Santo dalla città di Cagliari durante la peste del 1656.
Un discorso a parte merita anche la presenza di cavalli e cavalieri lungo l'intero percorso insieme a volte anche a carrozzelle trainate da cavallini agitati e nervosi. Le bardature degli animali sono un trionfo di sonagliere piene di campanelli e bubbole che tintinnano con l'andatura e riempiono l'aria di una nuova musica che va a mescolarsi ai canti, alle litanie, ai goccius e ai suoni di launeddas.
2 maggio
Da Sarroch la mattina dopo la messa la processione riprende il cammino per Villa San Pietro e Pula, che rappresentano importanti centri di partecipata venerazione e dove vengono ripetute le celebrazioni eucaristiche in onore del santo.
3 maggio
S.Efisio giunge infine a Nora, dove venne giustiziato, e dove, ad memoriam, vengono celebrate sante messe accompagnate da una processione che percorrendo la spiaggia raggiunge il luogo in cui si tramanda sia avvenuto il martirio. Al termine della giornata, a sera, il simulacro del Santo riprende il cammino per ritornare a Pula dove rimane per la notte.
4 maggio
Da Pula, presto la mattina dopo la messa delle 8, inizia il rientro del corteo verso Cagliari seguendo la stessa cronologia della andata e effettuando le stesse soste e cambi di carro e di abbigliamento a Giorgino per giungere finalmente a tarda notte e rientrare con processione solenne nella Chiesetta di Stampace.
La processione di rientro a Cagliari è intensa e suggestiva perché avviene a lume di candela, in mezzo a canti di preghiera, suoni, gruppi in costume e cavalieri.
Se all'andata il carattere forte è sicuramente marcato dagli abiti e dalle traccas multicolori, il rientro al buio a lume di candele e fiaccole provoca una intensa emozione generale che si avverte nell'aria. L'aver completato un rito, l'essere riusciti nuovamente a rispettare un impegno, il senso di appagamento per essere stati capaci di mantenere nel tempo questa presenza e la conferma di essere parte di tutto ciò è l'impressione che si prova forte nello scorgere i devoti lungo il ritorno in mezzo ai suoni delle launeddas e ai goccius cantati lungo il percorso.
Il rientro è vissuto da tutta la cittadinanza cagliaritana come un rituale di intensità particolarissima e forse sentito in maniera molto più intensa di quello della partenza.
Tornato il Santo nella Chiesetta di Stampace, la festa di S. Efisio si conclude con il rito religioso che segna il termine della celebrazione per l'anno in corso.
Testo: B. Terenzi
Foto: V. Contino, 1970
Archivio Fotografico dell'Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia
Foto A. Luiu (1 maggio 2010)
Archivio Fotografico dell'Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia
Foto: A. Luiu, (2 maggio 2010)
Archivio Fotografico dell'Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia
Foto: A. Luiu, (3 maggio 2010)
Archivio Fotografico dell'Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia
Foto: A. Luiu, (4 maggio 2010)
Archivio Fotografico dell'Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia
7-9 maggio
Le celebrazioni in onore di San Nicola, Santo Patrono della città si svolgono per tutto il mese di maggio e culminano nei giorni dal 7 al 9 maggio, quando si commemora l'evento della traslazione delle reliquie del santo avvenuta nel 1087.
Foto: C. Samugheo, 1958
Archivio Fotografico dell'Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia
Foto: V. Contino, 1970
Archivio Fotografico dell'Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia
Foto: G. Zanni, 1992
Archivio Fotografico dell'Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia
Presso l'Ufficio Catalogo sono conservate migliaia di schede dei manufatti museali studiati a partire dall'apertura del Museo nel 1956, soprattutto schede FKO e, a partire dal 2000, anche schede BDM. La scheda di catalogo è una scheda contenente gli elementi di studio di un bene museale, con la relativa foto. Le schede sono attualmente compilate in formato elettronico, per essere immesse nel SIGEC, il sistema informativo del Ministero.
Responsabile: Anna Sicurezza
Tel. 065910709/065926148 - mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.